Presentato in Parlamento da una coalizione di partiti conservatori sciiti, un emendamento, adottato in prima lettura il 4 agosto, che mira ad abbassare per le donne l’età legale del consenso al matrimonio da 18 a 9 anni. È probabile, dunque, che l'Iraq modifichi le sue leggi sul matrimonio, il che abbasserebbe l'età legale del consenso. Attualmente, è l'Afghanistan ad avere l'età più bassa per il matrimonio: qui ragazze e ragazzi possono sposarsi a 15 anni
Da 18 a 9: praticamente la metà degli anni per dare il proprio consenso a un matrimonio. Accade in Iraq, che è già un asso in fatto di matrimoni precoci, e che ora è pronto ad approvare una legge che abbasserebbe l’età legale del consenso da 18 a 9 anni, appunto, consentendo agli uomini di sposare giovani ragazze.
I gruppi conservatori sciiti che dominano il parlamento iracheno hanno infatti proposto un emendamento alla “Legge sullo status personale” del Paese che potrebbe vedere un arretramento in stile talebano di tutti i diritti delle donne.
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La legge sullo status personale fu approvata nel 1959, poco dopo la caduta della monarchia irachena, e scatenò allora una rivoluzione nella protezione dei diritti delle donne. Considerato finanche una delle più progressiste del Medio Oriente (fu il risultato di negoziati all’interno del nascente stato iracheno tra gruppi di donne e fazioni antimperialiste, che si mobilitavano contro le vestigia del dominio coloniale britannico) disciplina le questioni relative al matrimonio, al divorzio, alla custodia dei figli e all’eredità per i musulmani in Iraq e ha ratificato il trasferimento della giurisdizione in materia di famiglia dalle autorità religiose allo Stato e al suo sistema giudiziario.
E quella legge legge fissa l’età legale per il matrimonio a 18 anni e limita la pratica della poligamia.
Ma ora, in base all’emendamento proposto dalla coalizione di partiti conservatori sciiti, i “musulmani adulti” che desiderano sposarsi potrebbero scegliere di fare affidamento alle norme della Sharia sciita o sunnita sul diritto di famiglia. Questo potrebbe avere gravi conseguenze in termini di eredità, ma anche di affidamento dei figli in caso di divorzio e, come si paventa, abolirà l’età minima per il matrimonio per le donne musulmane.
Questo emendamento è l’ultimo di una serie di attacchi da parte di alcuni leader politici iracheni contro i diritti delle donne e le questioni relative all’uguaglianza di genere. Sono già riusciti a criminalizzare l’omosessualità, vietando l’uso della parola “genere” e bloccando l’approvazione di un progetto di legge sulla violenza domestica.
Il 28% delle donne irachene si è sposato prima dei 18 anni
Sebbene l’Iraq abbia bandito il matrimonio sotto i 18 anni sin dagli anni ’50, un’indagine dell’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, l’Unicef, ha rilevato che il 28% delle ragazze in Iraq si è sposato prima comunque di raggiungere l’età di 18 anni.
Dal 2021 il sistema politico iracheno è dominato dal Quadro di coordinamento, una coalizione politica di fazioni allineate all’Iran e secondo un rapporto del 2021 della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Iraq (UNAMI), il 22% dei matrimoni non registrati ha coinvolto ragazze sotto i 14 anni.
I matrimoni non registrati hanno anche effetti estremamente dannosi sulla capacità delle donne e delle ragazze di ottenere servizi governativi, registrare le nascite dei loro figli e rivendicare i loro diritti. Senza un certificato di matrimonio civile, le donne e le ragazze non possono partorire negli ospedali, il che – ovviamente – è per sé un ostacolo all’assistenza sanitaria.
Ad oggi, l’attuale legge sullo status personale si applica a tutti gli iracheni, indipendentemente dalla loro religione. L’emendamento proposto garantirebbe invece ai consigli religiosi delle sette sunnite e sciite dell’Islam in Iraq l’autorità di sviluppare il proprio “codice delle sentenze della Sharia in materia di status personale” entro sei mesi dall’approvazione della legge, minacciando di fatto i diritti delle donne e delle ragazze e la loro uguaglianza davanti alla legge.
Infine, l’emendamento aprirebbe anche la porta alla legalizzazione dei matrimoni non registrati, che sono spesso usati per aggirare le leggi sui matrimoni precoci, e alla rimozione delle sanzioni per gli uomini adulti che contraggono tali matrimoni e per i chierici che li celebrano. Rimuoverebbe anche le protezioni fondamentali per le donne divorziate, come il diritto di rimanere nella casa coniugale o di ricevere sostegno finanziario dall’ex marito.
Gli emendamenti violano i trattati internazionali che l’Iraq ha ratificato, tra cui la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e la Convenzione sui diritti del fanciullo (CRC). Garantire la sicurezza, la dignità e i diritti delle donne e delle ragazze non è solo un obbligo dello Stato ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani, ma anche un imperativo morale che tutte le istituzioni irachene devono sostenere, conclude Razaw Salihy, ricercatore di Amnesty International sull’Iraq.
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