Uccidono bambini e decimano popoli, massacrano innocenti e no, non sono la soluzione proprio a un bel niente. Eppure il mercato delle armi non conosce crisi, anzi. Basti osservare che per ogni euro desinato a salvaguardare il nostro capitale naturale, se ne spendono 3,6 in difesa, ovvero in spese per le forze armate e civili e per gli aiuti militari all’estero. E non solo
È passato un anno dall’inizio della guerra in Ucraina e ancora nulla si muove. O forse si muovono in troppi e niente e nessuno riesce a mettere la parola fine, a questa come a centinaia di altre guerre che insanguinano mezzo mondo.
Il motivo? La becera prepotenza, armata di tutto punto. Proprio così: l’orrore delle immagini di distruzione rivela che dopo 365 giorni di conflitto le armi hanno fallito.
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E il bello è che in tutti i Paesi del mondo, Italia inclusa, aumentano le spese per le armi e i profitti dell’industria bellica, alimentando un settore che cresce mietendo vittime in tutte le guerre, sulle spalle dei più deboli.
Spese militari in crescita costante
Ogni anno, l’Istituto di ricerca per la Pace di Stoccolma osserva l’andamento delle spese militari. Nel 2020, la stime dell’esborso globale di settore corrispondono a 1.981 miliardi di dollari con un +9,3% rispetto al 2011 e un aumento del 2,6% rispetto al 2019. L’alleanza Atlantica nel 2020 ha speso 1.103 miliardi di dollari in materia di difesa: 778 miliardi di dollari per gli USA, 232,8 miliardi per l’Europa. E l’Italia? Undicesima in questa classifica con 28,9 miliardi di dollari, nella top 5 d’Europa.
Il rapporto, riporta come i primi programmi di difesa dell’UE sono stimati attorno ai 600 milioni di euro e, al contempo, i principali produttori non sono esenti da conflitti d’interesse, accuse di corruzione e classificati come al di sotto degli standard etici e legali più elementari. Tra questi Airbus, BAE Systems, Indra, Leonardo, MBDA, Saab, Fraunhofer e TNO.
Infine, secondo il focus dell’Osservatorio Mil€x sui fondi a disposizione per la spesa militare italiana, questi saliranno da 68 milioni a 104 milioni di euro al giorno compenso l’acquisto di nuovi armamenti. Tra i capitoli di spesa dei cannoni semoventi dell’Esercito, un avamposto di comando per le missioni all’estero dell’Aeronautica, una piattaforma di addestramento per gli incursori della Marina.
Dallo studio sull’andamento del commercio mondiale delle armi SIPRI, emerge inoltre che è l’Europa l’area in cui si registra la crescita maggiore: confrontando i dati raccolti nel periodo 2012-2016 con quelli del 2017-2021 l’import è cresciuto del 19% con picchi nel Regno Unito, in Norvegia e nei Paesi Bassi. Per l’Italia è invece il dato dell’export che viene riportato: il 3,1% del totale mondiale nel 2017-21, il 16% in più rispetto al 2012-16. Il 33% delle esportazioni è in direzione Medio Oriente.
Infine, come documenta il nuovo Rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia, redatto dal Comitato per il capitale naturale e approvato dal ministero dell’Ambiente, per ogni euro desinato a salvaguardare il nostro capitale naturale, se ne spendono 3,6 in difesa (ovvero spese per le forze armate e civili, gli aiuti militari all’estero e altro).
La petizione
Aumentare le spese militari anziché promuovere una vera transizione energetica, non farà che rendere l’Europa e il pianeta ancora più insicuri, dicono da Greenpeace che chiede a gran voce ai Governi di fermare la corsa al riarmo e investire nelle energie rinnovabili.
Di fronte a questa guerra, finanziata dai proventi delle fonti fossili e alimentata dalla competizione per le risorse energetiche, il nostro Paese ha risposto con un aumento delle spese militari e con la stipula di accordi per la fornitura di gas da Paesi come Algeria, Congo, Libia e Azerbaijan. Ma non è questa la soluzione giusta.
E, come emerge dal sondaggio SWG commissionato da Greenpeace non è quello che le persone vogliono. La maggioranza degli italiani si schiera infatti contro l’aumento della spesa militare: il 55% degli intervistati boccia la proposta del Governo di portare il budget della Difesa al 2 per cento del Pil entro il 2028. Solo il 23% è favorevole ad aumentare la spesa militare.
Per garantire l’autonomia energetica, e metterci al sicuro dalla crisi climatica c’è una sola strada: investire nelle energie rinnovabili e accelerare la transizione energetica. Più armi e fonti fossili porteranno solo più conflitti.
Firma QUI la petizione per ribadire no alle armi.
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Fonte: Greenpeace
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