All’età di 16 anni, Sonita Alizadeh ha realizzato che sarebbe stata venduta a un uomo. Ma ha sfidato sua madre e la legge iraniana (che non vuole che le donne cantino) e ha deciso di affidare al rap la sua lotta per i diritti delle donne. Il suo video "Brides for Sale" su YouTube del 2014 è diventato virale e nel 2017 Sonita è stata una delle nove vincitrici degli Asia Game Changer Awards dell’Asia Society. Ora continua a rappare e tenere discorsi per difendere i diritti delle donne e porre fine ai matrimoni precoci
Se la si cerca nel web, vengono fuori subito le sue tracce rap, quelle che l’hanno fatta conoscere in tutto il mondo per aver detto no al fenomeno delle spose bambine. “Rapper e attivista afghana” è definita ora Sonita Alizadeh che, giovane più che mai, non si è piegata al volere della famiglia e della legge islamica e ha tentato in tutti i modi di stravolgere la sua vita e il suo destino. Riuscendoci.
Cresciuta a Herat, in Afghanistan, durante il regime dei talebani, la sua famiglia aveva ben pensato di venderla una prima volta come sposa già a 10 anni. Suo padre, infatti, era morto da poco e un uomo si era offerto di “comprarla”.
“Non capivo perfettamente cosa significasse”, dirà in seguito Sonita, che, non si sa come, fu baciata dalla fortuna e quel primo matrimonio non andò in porto.
Intanto, il regime dei talebani si fa sempre più pressante e così la sua famiglia decide di fuggire in Iran. Qui, la ragazza – senza documenti – non può andare a scuola e per sopravvivere deve lavorare. Pulisce i bagni negli uffici e intanto cerca conforto nella musica rap, mentre da sola impara a leggere e a scrivere. È allora che comincia a comporre canzoni e poi a registrarle: guerra, Afghanistan, amiche scomparse, bambine vendute come spose. Sonita parla di questo e si fa notare, tanto che una regista iraniana, Ghaem Maghami, decide di girare un documentario su di lei.
La mia voce non dovrebbe essere ascoltata perché è contro la Sharia./Le donne devono rimanere in silenzio./Questa è la tradizione di questa città, canta.
Dopo tre anni di lontananza, la madre le fa sapere che un uomo vuole sposare Sonita
Devi tornare in Afghanistan per sposarti, tuona, con gli occhi luccicanti perché quell’uomo aveva offerto 9mila dollari per il matrimonio.
Un’occasione da non perdere, secondo la madre di Sonita, dal momento che il fratello maggiore si deve sposare e ha bisogno di racimolare qualche gruzzoletto per la dote. Ma Sonita non ci sta e chiede aiuto alla regista del documentario, che paga di tasca sua alla famiglia di Sonita 2mila dollari per lasciare la ragazza in pace.
La storia non finisce, ovvio, e “Figlie in vendita” è la canzone che compone in quei giorni di cui sempre Ghaem Maghami gira il video, pochi minuti in cui Sonita canta vestita da sposa e un codice a barre stampato in fronte.
Il video diventa virale e dopo poco la ragazza viene contattata da una ONG che intende aiutarla. Le offrono un visto e una borsa di studio nello Utah, negli Stati Uniti. E ci va Sonita, eccome se ci va.
Negli States comincia frequentare un college e comincia una vita nuova. Il documentario di Maghami ha vinto il World Documentary Audience Award, un Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival e il Premio del Pubblico per il Miglior Documentario all’IDGA Amsterdam Film Festival. Nel 2017, Sonita è tra le nove vincitrici degli Asia Game Changer Awards dell’Asia Society e nel 2020 è per il Women Building Peace Award.
E su un punto lei insiste negli incontri che porta avanti come attivista: mentre i suoi genitori erano inizialmente furiosi con lei per aver rifiutato di sposarsi, il suo successo a scuola e nella musica ha cambiato i loro sentimenti.
Ora sono i miei più grandi fan e capiscono che le ragazze sono forti, possono prendere le proprie decisioni, possono sostenere se stesse, possono anche supportare gli altri.
Il cambiamento, quello reale e radicale, può partire anche e soprattutto da ogni singola famiglia.
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Fonte: Forbes
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