Singapore applica pene severissime per il traffico di droga, con la pena capitale che è stata comminata a Saridewi Binte Djamani
Venerdì 28 luglio sarà ricordato come un giorno cupo per i diritti umani. Singapore ha infatti impiccato una donna condannata per aver tentato di trafficare 30,72 grammi di eroina, più del doppio del volume punibile con la morte a Singapore.
Si tratta della prima esecuzione di un detenuto donna in quasi due decenni, in quella che i gruppi per i diritti umani hanno definito una “triste pietra miliare” per la città-stato e le sue leggi antidroga notoriamente dure.
L’ultima impiccagione di una donna era avvenuta nel 2004
In una dichiarazione rilasciata dal Central Narcotics Bureau (CNB) poche ore dopo l’impiccagione viene spiegato che Saridewi Binte Djamani, una singaporiana di 45 anni, è stata giustiziata a morte nella prigione di Changi. La condanna era avvenuta nel 2018.
Sempre il CNB ha fatto sapere che “le è stato accordato il giusto processo secondo la legge ed è stata rappresentata da un avvocato durante tutto il processo”. L’impiccagione di Saridewi segue quella avvenuta nel 2004 nei confronti della parrucchiera Yen May Woen, trentaseienne anch’ella condannata per traffico di droga.
La signora Djamani aveva anche presentato ricorso contro la condanna e la sentenza, ma la Corte d’appello ha respinto il suo appello il 6 ottobre 2022. Anche l’appello per la grazia ha avuto lo stesso esito.
Condanna unanime per questa barbarie
Singapore ha impiccato 15 persone – tra cui stranieri e un uomo con disabilità intellettiva – da quando ha ripreso le esecuzioni per condanne per droga l’anno scorso, in quello che gli attivisti ritengono essere un ritmo accelerato dopo una pausa di due anni dovuta alla pandemia.
La città-stato applica alcune delle leggi più severe al mondo in materia di droga e il suo governo è convinto che la pena capitale serva da deterrente per i trafficanti di droga e per mantenere la sicurezza pubblica.
Secondo la legge, chiunque venga sorpreso a trafficare, importare o esportare determinate quantità di droghe illegali come metanfetamina, eroina, cocaina o prodotti a base di cannabis riceve la pena di morte obbligatoria.
L’impiccagione della Djamani ha suscitato un’eco di condanna unanime ad una simile barbarie, con le organizzazioni per i diritti umani che si stanno chiedendo come sia possibile che tali metodi punitivi abominevoli esistano ancora nel 2023.
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Fonte: Central Narcotics Bureau of Singapore
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