Quanto costa all'ambiente e quindi alla collettività questo atto di inciviltà da parte della maggioranza degli 11 milioni di fumatori italiani (18% della popolazione nazionale)?
L’altra faccia del consumo di sigarette. Che il tabacco faccia drammaticamente male alla salute è fatto accertato e luogo comune. Che faccia male all’ambiente è intuibile e ci sono anche molti dati a disposizione nella rete.
Per es “nelle coltivazioni di tabacco vengono effettuate in soli 3 mesi ben 16 applicazioni tra fertilizzanti e antiparassitari. Queste sostanze sono altamente tossiche ( www.fumo.it)” …sia per l’uomo (nei casi gravi porta alla nascita di bambini malformati) che per gli animali soprattutto la microfauna come gli insetti tra cui gli impollinatori (con pesanti alterazioni nell’equilibrio dell’ecosistema).
L’Italia è stata fino a pochi anni fa un importante produttore soprattutto nelle regioni del centro Italia come Toscana, Umbria, Marche. Oggi questa economia è in netto calo, causa costi elevati per mantenere quegli standard di sicurezza imposti dalla Comunità Europea, ma soprattutto dai ridotti margini lasciati agli agricoltori dai grandi commercianti.
Ma che sia un problema anche lo smaltimento delle cicche che quotidianamente sono gettate per le strade dagli italiani, questo invece NON è noto – per inciso: in genere quanto più è piccolo l’oggetto entrato nel nostro quotidiano – come alcuni dei così detti “monouso” che hanno colonizzato le nostre tasche e borse (sigarette, assorbenti igienici, fazzoletti di carta, ecc ecc) – quanto minore è l’attenzione su di esso da parte del sistema sociale (quindi politico) e della comunità scientifica, come se nella realtà non fosse diverso: per es. milioni di piccole termiti di 1 solo termitaio distruggono una casa di legno in poche ore. Così miliardi di piccoli manufatti usa&getta messi uno dietro l’altro costituiscono strutture gigantesche: gli 89 miliardi di sigarette da 1 gr di 12 cm di lunghezza (media) consumate in Italia ogni anno, messe in fila sono 7,4 milioni di km ovvero 580 volte la circonferenza della Terra (una fascia all’equatore spessa 5,8 mt) ovvero 19,27 volte la ditanza tra le Terra e la Luna (384.000 km di media)
Quanto costa all’ambiente e quindi alla collettività questo atto di inciviltà da parte della maggioranza degli 11 milioni di fumatori italiani (18% della popolazione nazionale)?
Da quando è entrata in vigore la legge che vieta il fumo negli uffici e locali aperti al pubblico, la quantità di cicche gettate in terra dai fumatori fuori da bar, ristoranti, uffici, ecc è impressionante. Certo questo fenomeno lo notano più facilmente i non fumatori come me, che percepisco il gesto del gettare il mozzicone in terra davanti alla porta, quasi un riscatto sociale da parte del fumatore: “mi fai pagare un sacco di tasse – mi terrorizzi con tutte quelle scritte sul pacchetto – non mi fai annebbiare in pace i locali dove mi rilasso con gli amici – non mi fai condividere gli effetti del fumo con tutti gli avventori, i colleghi… mi hai provocato e io ti punisco, caro il mio Stato Italiano monopolista!!!! Allora TUTTI devono pagare il mio disagio…” Non sarà proprio così ma la conseguenza è certamente questa: l’82% della popolazione incluso neonati e gestanti paga per lo smaltimento delle cicche della minoranza “frustrata”.
Ma quanto paga? Non è difficile fare un po’ di conti.
Prima però facciamo l‘identikit della cicca. Da cosa è composta la cicca? Secondo lo Stato Italiano non è dato da sapersi: nel pacchetto di sigarette non sono riportati gli “ingredienti” della bionda – certamente ci sono tabacco e carta ma il filtro? – invece per il cibo o per i prodotti cosmetici o le medicine, anche sui capi di abbigliamento (ma non sui pannolini per bambino o assorbenti per donna) è un obbligo di legge; in tutti i casi l’oggetto di consumo ha però una interazione con la salute ma evidentemente non per le sigarette che causano il cancro.
Non compro pacchetti di sigarette, ma è possibile trovarli ovunque gratis– per es. abbandonati dai cacciatori o da gitanti della domenica, nei sentieri di montagna – sui bordi delle strade volati fuori dai finestrini delle auto e camion tanto per citare due fenomeni tra i più evidenti. Non c’è scritto da nessuna parte che il filtro della sigaretta, di tutte le sigarette al mondo, è composto al 100% di fibre di poliestere allineate in parallelo tra loro, ricoperte da una cartina di cellulosa. Tralasciando di andare in profondità sui prodotti chimici contenuti nella carta “speciale” che avvolge le sigarette e quelli aggiunti alle fibre per renderle “più efficienti”, mi soffermo solo sul peso: mediamente una cicca ben consumata pesa in media 1,2 gr (incluso una buona dose di umidità (lasciata dalle labbra) e di residui chimici della combustione (da cui la denominazione di “filtro”).
Quindi il primo dato è che: i filtri delle sigarette NON si biodegradano MAI nell’ambiente: non quando lasciati per mesi tra gli interstizi dell’asfalto o dei sampietrini, né quando gettati nei tombini andando ad intasare gli impianti di depurazione (quando ci sono) o infilzati nella sabbia dello stabilimento balneare (ustionando il piede del’incauto passante) né quando fluttuano nel mare (perché non vanno a fondo) né c’è la speranza che se li mangino gli animali o facciano crescere i porcini nel bosco.
Facendo un piccolo calcolo per sulla base di dati recuperabili su internet, si evince che ogni singolo fumatore italiano consuma di media (secondo i dati del ministero della sanità) 21 sigarette al giorno. Pensiamo positivo e che il nostro fumatore getti per terra solo il 70% di tutte le sigarette che fuma (ma dove sono ormai i portacenere nei locali chiusi se non nelle automobili . che sono poi vuotati sui bordi delle strade?); esso produce quotidianamente 21 gr di cicche sparse in un raggio di diversi metri quadri (frequentando luoghi diversi). In totale in 1 anno solare, esso produce 7,665 kg di rifiuto solido urbano. Essendo un rifiuto non qualificato, per il sistema di raccolta e smaltimento esso costa da 0,13 fino a 0,20 euro al KG (dati recuperabili dalle cartelle delle tasse o dalle associazioni tipo ISWA) per un totale in media di ben 1,26 euro a cranio. Il costo individuale quindi non spaventa ma quello causato all’intera collettività dai fumatori dovrebbe almeno far pensare – e convincere il consumatore a smettere di fare il gioco delle multinazionali globali che controllano il mercato dei prodotti monouso speculando proprio sul minimizzare l’effetto sul singolo tralasciando l’evidenza sulla collettività:
– secondo questo calcolo infatti il costo sociale degli 11 milioni di fumatori italiani sarebbe di SOLO 13,8 milioni di euro. Molto? Poco?
Certo è che l’84% è pagato dai non fumatori. A questo andrebbero aggiunti anche i costi non indifferenti generati dai danni da fumo indiretto alle persone non fumatrici che sono anch’esse a carico del sistema sanitario pubblico (avete presente quando ci si appresta ad entrare in un ufficio pubblico tra due ali di fumatori in evidente stato di astinenza?).
Le domande sorgono spontanea: perché? Con quali ritorni paghiamo per i disagi degli altri? Quali possono essere i danni che invece arrecano i non-fumatori ai fumatori per essere così maltrattati da questi ultimi? La risposta non si trova che in parte nei “fumatori”. Essi appaiono più che altro vittime più o meno inconsapevoli del sistema che è deficitario già sul piano culturale (mancanza di educazione civica a partire dalle scuole) e che a livello planetario è determinato dal potere economico (come le multinazionali ) che a sua volta regola la vita del potere politico che gli ubbidisce, vittima esso stesso del meccanismo. Figurarsi quando è lo stesso potere politico a essere l’esattore delle tasse e l’azionista della manifattura come in Italia.
Quali soluzioni possibili? Un po’ di buona volontà all’inizio non guasta. Sicuramente sarebbe opportuno che i locali pubblici e i condomini commerciali, magari con un piccolo contributo economico delle amministrazioni comunali affiancando di contro una norma più severa in caso di disubbidienza (multe), dotassero l’esterno dei loro locali di “spegni cicche” più che di “porta ceneri” (ce ne sono di infinite specie); che fossero posti all’interno degli stessi piccoli cartelli ricordando il senso civico del rispetto della qualità della strada pubblica.
Che lo Stato obblighi la stampa della composizione della sigaretta ed evidenzi il danno civico al gesto di buttare in strada la cicca. Ma certo soprattutto servirebbe solo un po’ di buon senso da parte del fumatore e portarsi dietro oltre al pacchetto pieno anche un piccolo contenitore per le cicche (che non sono più sporche né più pesanti di quando erano attaccate al resto della sigarette). Senza bisogno di arrivare al caso limite della città Stato di Singapore dove non trovi un mozzicone in terra a pagarlo oro perché l’oro lo deve tirare fuori chi osa buttarlo (assieme a qualche giorno di galera).
Marco Benedetti
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