In più di un secolo, il sistema scolastico residenziale ha separato con la forza più di 150mila bambini indigeni dalle loro famiglie, sottoponendoli a stenti, a percosse e ad abusi sessuali. La Canada’s Truth and Reconciliation Commission l’ha definito “genocidio culturale”, noi ne abbiamo parlato più e più volte... ma il bello è che il mondo intero ancora non sa
Un canto struggente e una voce rotta dal pianto, pugno in alto in segno di resistenza, mentre più in là campeggia uno striscione di 50 metri con i nomi di migliaia di bambini indigeni scomparsi: è l’angosciata interpretazione dell’inno nazionale canadese in Cree da parte di una donna indigena. Le lacrime sul suo viso hanno segnato uno dei momenti più emotivi della prima tappa del tour di Papa Francesco in Canada, che avrebbe rispolverato il vecchio e orribile tema delle scuole residenziali.
“Un pellegrinaggio penitenziale”, lo aveva presentato il Papa prima di partire e quel canto in Cree (pare non programmato) ha di fatto concluso una cerimonia densa di simbolismo per migliaia di sopravvissuti alle scuole residenziali, che si sono seduti lì, in un cupo silenzio, mentre Francesco si diceva “profondamente dispiaciuto” per quel ruolo della Chiesa cattolica proprio nel sistema scolastico residenziale canadase.
D’altra parte, il filo conduttore di questo viaggio apostolico è stato quello della riconciliazione con le comunità native canadesi, la scoperta (la scoperta?) della pagina nera delle scuole residenziali affidate a istituti cattolici.
Un vero e proprio percorso di orrori e di atrocità inflitte a bambini indigeni sottratti ai loro cari e di cui abbiamo trattato spesso.
Chi sono gli indiani Cree?
Si ritiene che il nome del gruppo indigeno Cree derivi dalla parola francese Kristeneaux. Sebbene vi sia un certo dibattito su come si sia sviluppato il nome, molti storici ritengono che il Cree fosse un’errata pronuncia del nome del clan Cree “Kenistenoag”, o la parola francese Christian. I membri della tribù si riferiscono a loro stessi come Iyiniwok o Ininiwok, che significa “popolo”, o Nehiyawok, che significa “parlanti della lingua Cree”.
Ci sono più di 200mila Cree che vivono in Canada e negli Stati Uniti, principalmente nel North Dakota e nel Montana. Una propaggine del popolo Cree è la tribù Metis, che comprende più di 100mila persone in Canada. Nel sud del Manitoba e dell’Alberta, i Cree sono spesso indicati come Plains Cree; mentre i Cree che vivono più a nord e ad est sono conosciuti come il popolo Forest Cree.
I gruppi Cree in Canada sono chiamati “First Nations”, negli Stati Uniti sono conosciuti come “tribù”. Ogni tribù Cree si considera indipendente e ha le sue leggi e il suo governo. I leader politici delle Prime Nazioni e delle tribù Cree sono chiamati capi o ricevono il nome Cree “Okimahkan”.
Cosa erano le scuole residenziali
Rientrante in discutibilissime politiche di assimilazione e di affrancamento, il sistema delle scuole residenziali, nelle parole del Papa, sono state devastanti “per la gente di queste terre. Quando i coloni europei vi arrivarono per la prima volta, c’era la grande opportunità di sviluppare un fecondo incontro tra culture, tradizioni e spiritualità. Ma in gran parte ciò non è avvenuto. E mi tornano alla mente i vostri racconti: di come le politiche di assimilazione hanno finito per emarginare sistematicamente i popoli indigeni; di come, anche attraverso il sistema delle scuole residenziali, le vostre lingue e culture sono state denigrate e soppresse; di come i bambini hanno subito abusi fisici e verbali, psicologici e spirituali; di come sono stati portati via dalle loro case quando erano piccini e di come ciò abbia segnato in modo indelebile il rapporto tra i genitori e i figli, i nonni e i nipoti”.
Le scuole aborigene residenziali erano di fatto una rete di collegi per gli indigeni canadesi, Prime nazioni o “Indiani”, Métis e Inuit. Fondate dalla struttura governativa canadese Indigenous and Northern Affairs Canada e amministrate soprattutto dalla Chiesa cattolica (ma a volte anche dalla Chiesa anglicana del Canada e dalla Chiesa unita del Canada), il metodo consisteva nel sequestrare bambine e bambini dalle loro famiglie e della loro cultura e farli assimilare nella cultura canadese dominante.
In pratica, i bambini venivano privanti della loro lingue ancestrali, sottoposti a sterilizzazione, abusati sessualmente da parte dei membri dello staff e da altri studenti, nella prospettiva di una vera e propria “sdoganazione” (enfranchising) forzata (legge sulla promozione della civilizzazione graduale delle tribù indiane in questa provincia, e emendamenti alle leggi relative agli indiani comunemente nota come “Legge di civilizzazione graduale” o Gradual Civilization Act, è stato un disegno di legge approvato dal 5° Parlamento della Provincia del Canada nel 1857).
Nel corso dell’esistenza del sistema, circa il 30% dei bambini indigeni, ovvero circa 150mila, sono stati collocati nelle scuole residenziali a livello nazionale e solo nel 1907 la testata quotidiana Montreal Star riporta che il 42% dei bambini che frequentano scuole residenziali muore prima dei 16 anni chiamando la situazione una “vergogna nazionale”. Eppure, queste atrocità continuarono per buona parte del XX secolo.
L’11 giugno 2008 a dare pubbliche scuse fu il Primo ministro Stephen Harper per conto del Governo canadese e dei leader degli altri partiti federali nella Camera dei comuni. Poco prima, era stata itituita la Commissione verità e riconciliazione per le scuole residenziali indiane che ha raccolto le dichiarazioni dei sopravvissuti attraverso incontri istruzionali pubblici e privati a vari eventi locali, regionali e nazionali di tutto il Canada. Sette eventi nazionali tenutesi tra 2008-2013 hanno commemorato l’esperienza di ex studenti di scuole residenziali.
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Fonte: Williams Lake First Nation
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