Molti dei ranger dell’African Parks sono stati accusati di diffuse violazioni dei diritti contro gli indigeni Baka. Membro del consiglio direttivo è il Principe Harry, al quale le ONG chiedono di prendere le distanze da queste atrocità
Sfrattati dalle sue terre ancestrali e non solo: i Baka e altri cacciatori-raccoglitori che vivono e si prendono cura della foresta pluviale del Congo si sono visti derubare di tutto, mentre gran parte della loro terra veniva trasformata in vari Parchi Nazionali o in Aree Protette. Sono stati cacciati e ora vivono in condizioni precarie, senza terra e dipendenti dagli altri o, peggio, trasformati in “attrazioni turistiche”.
È quanto sta accadendo qui, in questa parte di Africa dove il popolo Baka è intrappolato in una tragedia, finanziata in parte da donatori e governi occidentali: la foresta che amano e di cui si prendono cura come esperti custodi da generazioni non è più la loro casa.
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La African Parks, l’organizzazione che gestisce i parchi nazionali in 12 Paesi africani attraverso partenariati governativi, fu fondata dal miliardario olandese Paul Fentener Van Vlissingen, che aveva legami economici con il regime dell’apartheid e la cui fortuna familiare proveniva dal trasporto del carbone. L’organizzazione può contare sul denaro di fondazioni occidentali, banche per lo sviluppo, milionari e governi. Dalla sua creazione, avvenuta nel 2000, ha preso il controllo di oltre 20 milioni di ettari di terra africana.
Il principe Harry è stato presidente di African Parks per sei anni prima di passare al consiglio di amministrazione l’anno scorso.
L’inchiesta
L’African Parks finanzia in pratica guardaparco responsabili di orribili abusi, come stupri e torture, contro i popoli indigeni in Congo: è quanto denuncia un’inchiesta pubblicata in prima pagina dal giornale britannico Daily Mail.
Gli abusi sono avvenuti nel Parco Nazionale di Odzala-Kokoua, nella Repubblica del Congo, gestito proprio da African Parks.
Una storia già conosciuta, insomma: per i Baka la creazione di Aree Protette nelle loro terre ancestrali non ha comportato altro che violenza, furti di terra, espropri e fame – dai tempi della colonizzazione fino ad oggi. I guardaparco, finanziati ed equipaggiati da grandi organizzazioni della conservazione (come WWF e African Parks), li sottopongono a persecuzioni, stupri, pestaggi, torture e persino morte.
Survival International ha lanciato quindi una campagna per chiedere al Principe Harry, che si dichiara impegnato per la giustizia sociale, a dimettersi dal consiglio direttivo di African Parks prendendo le distanze dall’organizzazione.
African Parks ci sta uccidendo lentamente – ha raccontato un uomo Bak. Soffriamo così tanto che potremmo anche essere morti. Nel passato per noi era molto meglio – e la colpa è tutta di African Parks.
I Baka non possono più entrare nella foresta che un tempo chiamavano casa, mentre i cacciatori di trofei e le compagnie minerarie, petrolifere e del taglio del legno vengono considerati “partner” della conservazione e possono continuare a condurre i loro affari come sempre.
African Parks, insieme ad altre grandi organizzazioni per la conservazione come il WWF, si appropriano della terra indigena per trasformarla in riserve o parchi militarizzati – e poi le loro guardie attaccano popoli come i Baka solo perché cercano di vivere la loro vita – ha dichiarato Caroline Pearce, Direttrice generale di Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni. Il Principe Harry può fare qualcosa per fermare tutto questo. Gli chiediamo di dimettersi dalla carica di direttore di African Parks. Deve prendere le distanze da un’organizzazione che è complice di sfratti e abusi atroci commessi contro i popoli indigeni.
Ma non basta: sarebbe anche necessario che coloro che finanziano gli African Parks ritirino i propri soldi finché ai Baka non sarà permesso di tornare nel parco e i loro diritti territoriali non saranno stati riconosciuti.
Gli abusi rivelati dal Daily Mail continuano a ripetersi in Africa e Asia, non si tratta di un caso isolato – concludono da Survival. L’intero modello di conservazione praticato dalle grandi organizzazioni per la conservazione è costruito sul furto di terre indigene e sullo sfratto dei popoli che ne sono i legittimi proprietari – proprio come in epoca coloniale. È ora di decolonizzare la conservazione.
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