Istituita nel 99 dall’Assemblea generale ONU, la scelta del 25 novembre per celebrare la giornata contro la violenza sulle donne non è casuale. Non tutti sanno che è legata all’assassinio di tre sorelle attiviste dominicane
Si celebra anche quest’anno il 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: una giornata in cui si ricorda che ogni giorno, ancora oggi, si registrano casi di maltrattamento fisico e psicologico a danno di molte, troppe, donne nel mondo.
Ma perché proprio il 25 novembre si ricorda la violenza a danno del genere femminile?
Istituita il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione numero 54/134, la scelta della data di oggi non è casuale, legata com’è all’assassinio di tre sorelle attiviste politiche della Repubblica Dominicana. Una storia che è cominciata nel lontano 1960, quando erano ancora poche Las Mariposas (le farfalle), coloro che con un estremo coraggio, si opponevano alla dittatura a sostegno dei diritti femminili.
Perché si celebra il 25 novembre la giornata contro la violenza sulle donne
Loro erano le sorelle Mirabal: Patria, nata nel 1924, Minerva, del 1926, e María Teresa, la più piccola, nata nel 1935, cresciute con la sorella Bélgica Adela e i genitori a Ojo de Agua, una frazione di Salcedo. Era l’epoca dittatoriale di Rafael Leónidas Trujillo che, arrivato al potere nel 1930 attraverso elezioni truccate e con l’aiuto degli Stati Uniti, applicò nel tempo una dura repressione dei nemici: furono circa 50.mila coloro che, tra oppositori politici e rivoltosi, venero giustiziati ingiustamente. Della sua personalità si creò un vero e proprio culto, tanto che il nome della capitale cambiò da Santo Domingo a Ciudad Trujillo.
Nel gennaio del 1960, Minerva tenne nella sua casa la prima riunione di cospiratori contro il regime, portando alla nascita dell’organizzazione clandestina rivoluzionaria Movimento 14 de Junio, il cui presidente fu suo marito Manolo Tamarez Justo. Anche le sorelle Patria e Maria Teresa aderirono al movimento nella speranza che i figli riuscissero ad avere un futuro migliore, facendosi chiamare “Mariposas”, Farfalle.
La loro fu una efficace e certosina opera rivoluzionaria, tanto che il dittatore in una visita a Salcedo dichiarò di avere solo due problemi: la Chiesa cattolica e le sorelle Mirabal.
Il movimento fu scoperto dalla polizia segreta di Trujillo, il Servico de Inteligencia Militar, e il 18 maggio 1960 Minerva, María Teresa e i rispettivi mariti furono carcerati per sedizione. Molti dei prigionieri vennero inviati a un carcere di tortura e di morte, mentre le sorelle furono liberate alcuni mesi dopo e i mariti restarono reclusi.
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Il 25 novembre 1960 le sorelle Mirabal, accompagnate dall’autista Rufino de la Cruz, uscirono per andare in visita ai loro mariti in prigione, in compagnia della sorella Patria, che aveva voluto accompagnarle anche se suo marito era rinchiuso in un altro carcere. Intercettate sulla strada del ritorno dagli agenti del SIM, furono condotte in un canneto e subirono crudeli torture. Coperte di sangue, sfregiate dalle coltellate, furono strangolate, rimesse nell’auto nella quale viaggiavano e gettate in un precipizio con lo scopo di simulare un incidente.
Il loro brutale assassinio risvegliò la coscienza popolare, tanto che il 30 maggio del 1961 Trujillo fu assassinato. L’ultima sorella, Bélgica Adela, morì di cause naturali nel 2014.
Oggi, quelle tre sorelle dominicane sono un’icona di opposizione alla violenza, ricordate in monumenti, scuole, strade, festival e associazioni culturali e anche effigiate in una banconota della Repubblica Dominicana. Una delle 32 province dominicane, infine, quella prima detta Salcedo, dal 2007 ha assunto il nome di Provincia Hermanas Mirabal.
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