Come sarà la scuola a settembre? Parola d’ordine è autonomia: saranno i presidi a decidere, ma mancano personale e soldi. Domani le linee guida definitive
Come sarà la scuola a settembre? Parola d’ordine è autonomia: saranno i presidi, con i consigli di istituto, a inventarsi di sana pianta le soluzioni e la nuova didattica per predisporre il rientro in classe degli alunni italiani per il prossimo anno scolastico.
È solo una bozza, ma le indicazioni stanno preoccupando tutti, non solo i genitori, ma soprattutto i dirigenti scolastici, investiti così di ogni responsabilità. Dalla sicurezza negli edifici alla gestione delle attività quotidiane, dalla predisposizione delle “nuove” classi alla fruibilità di spazi esterni per sperimentare una didattica diffusa.
Il problema è che sono ancora senza nuove risorse di organico docente e ATA. E senza ulteriori attribuzioni. In pratica sono stati mandati “al fronte”, ma senza armi.
Con il terzo settore visto come soluzione “riempitiva”, la fascia 0-3 anni del tutto dimenticata e fortissime perplessità per tutti gli ordini, dall’infanzia alle superiori.
Tutto questo rischia, da una parte, di far esplodere una emorragia verso il settore privato e, dall’altra, di avere una ricaduta ancor più pesante sulla famiglia, e sulle donne in particolare. Purtroppo in molte stanno già pensando di licenziarsi per far fronte all’emergenza che stiamo per affrontare, con la prospettiva della riduzione del tempo scuola e dalla DAD come parte strutturale dell’orario.
L’allarme arriva da tutti i fronti: sindacati, associazione dei presidi, insegnanti, genitori…
“Oggi ultimo giorno di scuola di questo anno scolastico da ricordare. Tutto è fermo al 5 marzo: l’albero dipinto dai bambini è fermo all’inverno, con il riccio ancora in letargo e i festoni di Carnevale. Ci è stato chiesto di liberare le aule ,i laboratori e la palestra da tutto ciò che è ‘superfluo’ in nome della sanificazione e della sicurezza. Abbiamo liberato scaffali e armadi, svuotato le aule per fare spazio alla nuova scuola che sarà… la scuola delle distanze, dei mancati abbracci, la scuola senza lavori e giochi di gruppo e del compagno di banco. Ma che scuola sarà? Nessuno deve essere indifferente allo smantellamento della scuola. La scuola è di tutti. Solo una scuola pubblica messa al centro della politica può garantire il futuro di un paese. Il diritto all’istruzione deve essere garantito a tutti, nessuno escluso. E per farlo servono investimenti. Punto. Quegli investimenti che non mancano per le grandi opere inutili e mai terminate. Quegli investimenti che non mancano per acquistare aerei da guerra o salvare aziende private sempre sull’orlo del fallimento”, ci spiega con tanta amarezza e preoccupazione Marisa Gianfreda, insegnante in un Istituto Comprensivo di Roma.
E così la scuola scende in piazza, oggi pomeriggio in 40 città italiane i comitati “Priorità alla scuola” hanno manifestato dal Nord al Sud per dire no alle proposte del ministero dell’Istruzione. Per chiedere la riapertura in presenza e in sicurezza, dai nidi alle università, e a tempo pieno.
Da Firenze, ci siamo !!!
Posted by Priorità alla Scuola on Thursday, June 25, 2020
Intanto le trattative vanno avanti, dopo il rinvio a domani della Conferenza Stato-Regioni per discutere le linee guida. Nel pomeriggio, prima dell’inizio delle manifestazioni, il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ha detto:
“Siamo ad un passo dalla condivisione delle linee guida per la riapertura delle scuole, un testo che già oggi grazie al contributo propositivo delle Regioni e alla collaborazione istituzionale con il ministero risulta nettamente migliorato rispetto alle prime bozze. Abbiamo però chiesto – in Conferenza Stato-Regioni – un rinvio di 24 ore che consenta un approfondimento dell’ultimo testo del “Piano scuola 2020-2021. Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione”.
Anche perché, se le cose non cambieranno, l’istruzione sarà legata alle differenze territoriali, ampliando le disuguaglianze già presenti nel Paese. Non ci sarà più una scuola pubblica nazionale.
“Il documento si distingue per la prosa ministerialese e scuolese, e inventa il gioco perfetto che permette di non finanziare decentemente la scuola pubblica. Né una persona né un soldo in più, ogni scuola faccia da sé, con i mezzi propri e quel che offrono i territori e gli Enti locali. In nome dell’autonomia scolastica, che viene comoda quando il governo non si vuole assumere responsabilità, viene delegato totalmente alle singole scuole come “riaprire le scuole a settembre”. Tutto dipenderà dalle scelte, e dalle possibilità, delle singole scuole, senza che siano indicate né condizioni minime né risorse aggiuntive disponibili, con buona pace del diritto allo studio dei bambini e ragazzi”, concludono dal comitato “Priorità alla Scuola”.
Insomma. Si salvi chi può…