Secondo un nuovo studio europeo vi sono odori che troviamo tutti universalmente gradevoli e altri meno. Gli odori non si differenziano infatti culturalmente poiché il background culturale ha poco a che vedere con i gusti in termini di percezione olfattiva
Quando pensiamo agli odori e ai profumi ci sono fragranze che rimangono particolarmente impresse nella nostra memoria. A queste leghiamo esperienze e ricordi del passato più o meno felici che ci riportano indietro di anni e ci fanno rievocare le feste natalizie, i dolci di compleanno, l’estate o una persona cara.
Se invece parliamo di gusti olfattivi saremo invece sorpresi nello scoprire che le preferenze in termini di odori sono universalmente condivise. È questo quanto emerso da una ricerca condotta dal Karolinska Institutet svedese e dalla rinomata University of Oxford e pubblicata sulla rivista Current Biology.
Un team di ricercatori internazionali ha infatti esaminato in uno studio la percezione degli odori di 235 persone, suddividendole in nove gruppi distinti. Ai partecipanti è stato chiesto di classificare tutta una serie di odori su una scala da piacevole a sgradevole.
L’odore che più di tutti ha conquistato i partecipanti è la vaniglia. È questa la fragranza più amata, seguita poi dalle pesche. Formaggio, latte di soia, succo di mela e piedi sudati sono invece ritenuti gli odori più sgradevoli. Non è del resto un caso poiché tutti questi hanno un elemento in comune: l’acido isovalerico.
Dai risultati si evince una corrispondenza globale delle risposte. La maggioranza dei partecipanti ha infatti definito piacevoli e non gli stessi odori. Complici sicuramente le preferenze personali che per il circa 54% hanno motivato la scelta secondo gli esperti.
L’altra metà è data invece dalla struttura molecolare dell’odore che distingue una nota gradevole da una che invece non lo è affatto. Sono queste a determinare l’universalità della percezione.
Volevamo esaminare se le persone in tutto il mondo hanno la stessa percezione dell’olfatto e gli stessi tipi di odore, o se si tratta di qualcosa che viene appreso culturalmente. Tradizionalmente è stato visto come culturale, ma possiamo dimostrare che la cultura ha ben poco a che fare con esso, afferma il ricercatore Artin Arshamian.
In precedenza si credeva infatti che il nostro classificare gli odori dipendesse per una buona parte dal background culturale. Era quindi l’ambiente in cui crescevamo e che ci circondava a modellare le differenti esperienze olfattive. Il recente studio europeo ha ora sfatato questa concezione.
Ora sappiamo che esiste una percezione universale dell’odore che è guidata dalla struttura molecolare e questo spiega perché ci piace o non ci piace un certo odore – continua il dottor Arshamian – il prossimo passo è studiare il perché e cosa accade nel cervello umano quando sentiamo un odore particolare.
Fonte: Current Biology
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