Trovate prove della presenza dell’uomo in America già 30mila anni fa, eccezionale scoperta archeologica in Messico

L'uomo visse in America molto prima di quanto ipotizzato. Nuove scoperte di manufatti in pietra indicano un'occupazione risalente a più di 30.000 anni fa

L’uomo visse in America molto prima di quanto ipotizzato finora. Nuove eccezionali scoperte di manufatti in pietra indicano un’occupazione risalente a più di 30.000 anni fa.

Alcuni reperti calcarei individuati in una grotta in Messico potrebbero essere i più antichi strumenti umani mai trovati nelle Americhe e suggeriscono che le persone siano arrivate per la prima volta nel continente fino a 33.000 anni fa, molto prima di quanto si pensasse, almeno 15.000 anni prima del previsto.

Secondo le attuali ricostruzioni, i primi umani misero piede sul suolo americano dall’Asia orientale, ma il momento del loro arrivo è molto dibattuto. Alcuni ricercatori ritengono che risalirebbe addirittura a 130.000 anni fa, sebbene la maggior parte delle prove archeologiche a sostegno di questa teoria sia contestata. Alcuni dei manufatti in pietra sono così semplici che gli scettici sostengono che probabilmente siano stati prodotti da processi geologici naturali, non da persone.

L’opinione più diffusa e accreditata è che il popolamento delle Americhe sia iniziato circa 15.000 o 16.000 anni fa, sulla base di prove genetiche e reperti trovati in siti tra cui Monte Verde, in Cile.

L’arrivo dell’uomo e la scomparsa dei mammut

Ma la nuova scoperta potrebbe fornire nuove informazioni. Due sono gli studi che lo sostengono. Il primo, condotto dagli scienziati dell’Università di Oxford, ipotizza che gli uomini viaggiarono per mare verso il Nord America circa 30.000 anni fa, in un momento in cui animali giganteschi vagavano ancora per il continente, prima dell’ultima era glaciale quando le temperature scesero al minimo per decine di migliaia di anni.

Inoltre, secondo quanto ipotizzato dalla ricerca, l’arrivo degli umani coincise con il declino catastrofico dei grandi animali ormai estinti, tra cui i mammut. Il team suggerisce infatti che un aumento della popolazione umana sembra essere collegato a un impatto significativo sul declino della cosiddetta megafauna.

L’analisi stima l’inizio dell’occupazione umana in diversi siti correlata all’uso di tre distinte tipologie di utensili in pietra. Le date sono state combinate statisticamente insieme alle informazioni stratigrafiche dei depositi per stimare l’inizio e la fine dell’occupazione umana in ciascuno dei siti e poi sono state tracciate in tutto il continente.

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©Mads Thomsen via Nature

Usando una serie di indagini statistiche, il team internazionale, guidato dal professor Tom Higham di Oxford è stato in grado di costruire un quadro cronologico dell’arrivo degli umani nel Nord America e della loro dispersione attraverso il continente. I risultati di Oxford si basano su centinaia di date ottenute da 42 siti archeologici in Nord America e Beringia, l’antico ponte terrestre che collegava il continente americano con l’Asia. Secondo il professor Higham,

“una combinazione di nuovi scavi e scienza archeologica all’avanguardia ci sta permettendo di scoprire una nuova storia della colonizzazione delle Americhe. I primi americani provenivano dall’Eurasia orientale e sembra che ci sia stato un movimento sorprendentemente precoce di persone nel continente. Le persone che hanno viaggiato in queste nuove terre devono essere venute in barca, perché le parti settentrionali del Nord America fino a 13.000 anni fa erano impenetrabili e sigillate dall’Eurasia orientale da una massiccia calotta di ghiaccio”.

Il secondo studio, condotto da Ciprian Ardelean,  archeologo dell’Università Autonoma di Zacatecas in Messico, si basa sugli scabi condotti in una grotta del Messico che hanno portato alla luce tre reperti: una pietra appuntita e due scaglie, potenzialmente gli strumenti umani più antichi mai trovati nelle Americhe. Essi risalgono a un’epoca in cui il continente sembra essere stato occupato solo da pochi gruppi di primi umani – forse “migrazioni perdute” che hanno lasciato poche tracce del loro paesaggio e anche dei loro geni.

La scoperta che le persone erano qui più di 30.000 anni fa solleva una serie di nuove domande chiave su chi fossero e come vivessero:

“Il popolamento delle Americhe è stato un processo complesso e dinamico… Ciò che è chiaro è che gli umani erano presenti bene nel continente prima delle date precedentemente accettate. Ma fu solo circa 14.700 anni fa che quelle persone divennero più visibili nei reperti archeologici, probabilmente a causa di un aumento della popolazione” ha aggiunto la dott.ssa Lorena Becerra-Valdivi.

Le ricerche sono state pubblicate su Nature.

Fonti di riferimento: Nature, Nature, Università di Oxford

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