Piera Vitali: storia di una donna resistente, che ci insegna a lottare per una società più giusta

Addio a Piera Vitali, la staffetta partigiana che nonostante le torture fasciste non fece mai i nomi e non svelò mai i piani dell'86esima brigata Garibaldi.

Era soprannominata ‘biondina della Val Taleggio’, addio a Piera Vitali, la staffetta partigiana che nonostante le torture fasciste non fece mai i nomi e non svelò mai i piani dell’86esima brigata Garibaldi. Lottò con coraggio e forza per una società più giusta. Ad annunciarne la scomparsa è l’Anpi provinciale di Bergamo, associazione di cui era componente.

“Piera Vitali ci ha lasciato a 96 anni nella notte del 16 febbraio. A soli vent’anni era entrata nella Resistenza come staffetta delle squadre partigiane della Val Taleggio, Valsassina e Val Brembana”.

Arrestata dai fascisti e torturata ha dedicato tutta la sua vita alla Patria senza mai tradire i suoi compagni. Nasce a Settimo Milanese, in provincia di Milano, il 19 dicembre del 1923. Dopo qualche anno si era trasferita con la famiglia a Sottochiesa di Taleggio, in provincia di Bergamo.

“Gli anni della sua gioventù sono segnati dalla Seconda Guerra Mondiale. Anche suo fratello, Vitalino, partecipa alla lotta di Liberazione: insieme a Davide Paganoni “Mario”, è comandante dell’86^ Brigata Garibaldi “Issel”, operante in Val Taleggio”, scrive l’Anpi sui propri social.

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Una donna forte, coraggiosa che non si fa piegare neanche dalle torture: quando i fascisti scoprono la sua identità, la torturano per farle rivelare i nomi e i luoghi della Resistenza bergamasca. Piera resiste e viene trasferita a Monza, poi a Milano nel carcere di San Vittore.

“Botte, schiaffi, minacce. Ma lei non fece i nomi dei compagni. Si scomodò persino un colonnello della Gestapo per lei. Prima provarono a comprarla. Poi, quando la sua risposta fu il silenzio, la torturarono di nuovo. E lei, di nuovo, non parlò. Decisero allora che con lei non c’era niente da fare. Però magari ucciderla lì sarebbe stato poco per questa partigiana che non parlava, che resisteva alle torture e li insultava con il suo silenzio. Quindi ebbero un’idea: spedirla in un campo di concentramento”, scrive sui social lo storico Leonardo Cecchi.

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Ma Piera non demorde, rimane in silenzio, ma la sua mente rivendica la libertà.

“Il 23 dicembre 1944, pochi giorni dopo il suo ventunesimo compleanno, viene caricata su un pullman diretto ai campi di concentramento tedeschi, e insieme ad altri partigiani, riesce a rompere un finestrino del bus, a lanciarsi e a fuggire. Ritorna a casa salva il 30 dicembre 1944”, scrive ancora l’Anpi.

“Così Pierina riconquistò la libertà. La libertà di tornare a combattere come partigiana. La libertà di vivere una vita da italiana e da donna libera. Una vita di lotta che si è conclusa solo ieri, a 96 anni”, chiosa Cecchi.

Buon viaggio a questa guerriera, simbolo di forza e di lealtà.

Fonti: Anpi Bergamo/Facebook, Leonardo Cecchi/Facebook

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