La battaglia per restituire alla collettività il Casolare in cui Peppino Impastato venne assassinato il 19 maggio del ’78 è stata vinta. Questo luogo di morte diventerà un bene pubblico e un simbolo di rinascita.
La battaglia per restituire alla collettività il Casolare in cui Peppino Impastato venne assassinato il 19 maggio del ’78 è stata vinta. Questo luogo di morte diventerà un bene pubblico e un simbolo di rinascita.
A deciderlo è stata la Giunta regionale siciliana, che, su proposta del presidente Nello Musumeci, ha approvato gli atti necessari per procedere all’espropriazione del casolare di Cinisi, in provincia di Palermo, in cui la mafia assassinò il giornalista e attivista dell’estrema sinistra.
“Quell’edificio diventerà bene pubblico e accessibile alla fruizione di tutti. Peppino Impastato rappresenta un simbolo della Sicilia onesta che ha combattuto, e deve continuare a combattere, la criminalità mafiosa e il malaffare. Una figura che, oltre le diversità delle appartenenze politiche, costituisce un esempio di denuncia e di coraggio, soprattutto per le giovani generazioni”, dichiara il presidente Musumeci.
L’immobile era stato dichiarato di interesse culturale adesso, per acquisirlo è stata impegnata una somma di 106.345 euro. Proprio qui, nei pressi dell’aeroporto “Falcone e Borsellino”, Peppino Impastato, fondatore di Radio Aut venne colpito alla testa prima di essere trasportato sui binari della ferrovia vicina per simulare un’esplosione.
“Il 9 maggio del 2014, dopo una petizione popolare fatta da una rete di associazioni, dalla famiglia Impastato e da Radio cento passi, l’allora Presidente della Regione Siciliana Crocetta, accogliendo parte delle richieste, aveva consegnato il provvedimento di vincolo promettendo che a breve ci sarebbe stato l’esproprio che avrebbe consegnato il luogo alla collettività. Il governatore aveva consegnato a Giovanni Impastato la copia della delibera durante una visita. Ma dopo quel momento un grande silenzio cominciava ad incombere sul Casolare. Le promesse di tanti politici rimanevano soltanto parole vuote”, ricorda Casa memoria.
Ma quel silenzio veniva rotto spesso dal fratello di Peppino, Giovanni, con diversi appelli.
“Questa è una vittoria della società civile e dei tanti giovani che negli anni hanno visitato Casa Memoria ed hanno partecipato alle manifestazioni in ricordo di Peppino, siamo felici che il Casolare venga espropriato. Appartiene a tutti noi come Casa Memoria che abbiamo voluto far diventare patrimonio collettivo ormai da molti anni”, dice Giovanni Impastato.
E continua:
“Adesso speriamo che Regione e Città metropolitana collaborino per rendere il giusto merito a questo luogo di memoria”.
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Dominella Trunfio