La Pas, la cosiddetta sindrome di alienazione parentale (o “sindrome della madre malevola”) è stata messa al bando dall’Europa e dal Trattato di Istanbul. Tuttavia è ancora largamente diffusa nei tribunali italiani. E per Laura Massaro ci sono voluti 10 anni per liberarsene: per la Suprema Corte anche l’uso della forza fisica per spostare il minore dalla casa del genitore alla Comunità non è in linea con i principi dello stato di diritto
La bigenitorialità è l’essenza dell’interesse e del benessere del minore e non può essere sacrificata facendo esclusivamente riferimento alla teorica della sindrome dell’alienazione parentale. Questo il principio affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 9691 del 24 marzo che torna ad affrontare il tema della Pas, ossia la sindrome di alienazione genitoriale. Ma cos’è la Parental Alienation Syndrome?
Queste tre parole connoterebbero una sindrome individuata dallo psichiatra Richard Gardner negli anni ’80, ma mai realmente accolta dalla stessa comunità scientifica. Individua, infatti, una teoria molto controversa che descriverebbe la condizione psicologica di minori che rifiutano uno dei due genitori a causa dell’incitamento intenzionale portato avanti dall’altro.
La Corte, ora nell’ultimo caso in Italia, ha stabilito che il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale “e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo”.
Cos’è la Pas, la sindrome di alienazione parentale
Il concetto Pas, Parental Alienation Syndrome, ossia “Sindrome da alienazione genitoriale o parentale”, fu introdotto per la prima volta negli anni ‘80 dallo psichiatra forense statunitense Richard Gardner, che la descrisse come una dinamica psicologica disfunzionale che si può attivare nei figli minori coinvolti nelle separazioni conflittuali dei genitori.
Una dinamica psicologica che deriverebbe da una “programmazione” vera e propria dei figli da parte di uno dei due genitori, il “genitore alienante”, che li porterebbe a dimostrare astio e rifiuto verso l’altro genitore il “genitore alienato”.
In sostanza, la Pas consisterebbe in un incitamento ad allontanarsi da uno dei due genitori – generalmente quello non convivente – portato avanti intenzionalmente dall’altro genitore attraverso l’uso di espressioni denigratorie o false accuse.
I sintomi sono:
- denigrazione nei confronti del genitore in genere non convivente
- mancanza di ambivalenza
- fenomeno del pensatore indipendente
- mancanza di sostegno al genitore alienato
- mancanza di sensi di colpa
- scenari presi in prestito
- estensione dell’ostilità (famiglia allargata)
- difficoltà di transizione durante le visite
La teoria di Gardner non è mai stata approvata all’unanimità nel mondo scientifico né da quello accademico, soprattutto perché priva di solide dimostrazioni. Per lo stesso motivo non è nominata nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, la principale fonte per i disturbi psichiatrici ufficialmente riconosciuta in tutto il mondo, e non è considerata nemmeno dall’APA (American Psychological Association).
Nonostante ciò, la Pas viene spesso presa in considerazione nelle aule dei tribunali, anche in Italia: diventa cioè un principio in ambito giudiziario cui si fa ricorso nei casi di separazione conflittuale. Nelle sentenze e nelle CTU viene anche nominata come “sindrome della madre malevola”.
Contro questo ricorso indiscriminato alla Pas, moltissime sono state le azioni negli anni da parte di attiviste e di Centri antiviolenza, ma anche da parte del Parlamento europeo, della Commissione Onu sullo Status delle donne e del Grevio, l’organismo che monitora la corretta applicazione della Convenzione di Istanbul.
Il caso di Laura Massaro
Il richiamo alla sindrome di alienazione parentale non può essere il fondamento pseudoscientifico per giustificare la decadenza della potestà genitoriale. Questo è il presupposto con il quale la Corte di Cassazione – sentenza 9691 – ha accolto in una sentenza storica il ricorso presentato da Laura Massaro e dai suoi legali dell’Associazione Differenza Donna.
La donna era stata accusata di alienazione parentale e il ricorso era stato presentato per fermare il prelevamento del bambino.
Per la Corte Suprema, però, la decadenza della responsabilità genitoriale e il successivo trasferimento del bambino in casa-famiglia con l’uso della forza, si pongono però fuori dallo Stato di diritto. I giudici di legittimità prendono le distanze dalla conclusione raggiunta dalla Corte d’Appello che, pur muovendo da fatti di un indubbio ostruzionismo della ricorrente nei confronti dell’ex compagno, aveva fatto riferimento, basandosi sulle Ctu ad un patto di lealtà tra madre e figlio o al condizionamento psicologico.
La Corte ha ribadito che:
Il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre.
I giudici hanno stabilito che non può essere garantita la bigenitorialità a tutti i costi, ma va tenuto conto innanzitutto dell’interesse del bambino. Inoltre, il loro è stato un giudizio anche sull’uso della forza fisica per sottrarre il minore dal luogo dove risiedeva con la madre, per collocarlo in una casa-famiglia, ritenendo quella misura “non conforme ai principi dello Stato di diritto in quanto prescinde del tutto dall’età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento”.
Come ha spiegato una delle legali di Massaro, la Corte ha contestato il mancato ascolto del figlio della donna e “ha messo un punto alle prassi che rasentano il trattamento inumano e degradante di allontanamento dei bambini e delle bambine dalle madri con la forza pubblica, dichiarando che ogni forma di coercizione sui minori è fuori dallo Stato di diritto“.
Non è comunque la prima volta che la PAS viene messa in discussione dalla Cassazione. In altre due sentenze del 2019 e del 2021 ne aveva confutato la fondatezza stabilendo che l’affido esclusivo di un minore a un genitore non può fondarsi solo sulla diagnosi di sindrome da alienazione parentale.
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Fonte: Corte di Cassazione – sentenza 9691
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