Con la pandemia, 11 milioni di bambine nel mondo non torneranno a scuola e in Italia più di 1 ragazza su 4 non studia né lavora

Sono 11 milioni le ragazze che rischiano di non tornare mai più a scuola, con impatti potenzialmente devastanti sulla loro salute.

Sono 11 milioni le ragazze che rischiano di non tornare mai più a scuola, con impatti potenzialmente devastanti sulla loro salute, sulla loro sicurezza e sul loro benessere e tutto a causa, nemmeno a dirlo, della pandemia: è l’allarme lanciato da Save the Children in occasione della partecipazione al Women-20 Summit di Roma, un incontro per mettere al centro l’urgenza dell’empowerment delle donne.

Un quadro nero, se si considera che il non ricevere un’istruzione significa esporre le bambine e le adolescenti al rischio di sfruttamento del lavoro minorile, matrimoni e gravidanze precoci, con una situazione che nell’ultimo anno è peggiorata drammaticamente.

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Se a livello globale, infatti, i minori dei Paesi più poveri hanno perso il 66% in più di giorni di scuola rispetto ai coetanei che vivono nei Paesi più ricchi, la situazione è ancora più grave per le bambine: nei Paesi a basso reddito hanno perso, in media, il 22% in più di giorni d’istruzione rispetto ai loro coetanei maschi. Anche se nei paesi più ricchi il gap di genere è minore (le ragazze hanno perso oltre il 3% d’istruzione rispetto ai coetanei dell’altro sesso), bambine e ragazze restano comunque svantaggiate. E infatti alla fine dello scorso anno, in Italia più di 1 ragazza su 4 tra i 15 e i 29 anni rientrava tra i NEET, cioè coloro che non studiano e non lavorano.

Le ragazze e le giovani donne rappresentano il 59% dei giovani analfabeti, con divari di alfabetizzazione di genere più ampi in Africa subsahariana, Medio Oriente, Nord Africa e Asia meridionale.

Nei Paesi a basso reddito, per ogni 100 giovani uomini che completano la scuola secondaria, solo 69 giovani donne riescono a raggiungere lo stesso traguardo.

Solo se si daranno opportunità alle bambine di oggi, potremo avere una generazione di donne consapevoli e protagoniste dello sviluppo sociale ed economico domani. Perché ciò avvenga, è necessario che i capi di Stato e di Governo del G20 diano priorità all’istruzione nei loro piani di ripresa, incrementando gli investimenti per colmare il gap tra le ragazze e i loro coetanei maschi, sostenendo al contempo il loro diritto ad una partecipazione significativa alla vita pubblica, ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice Generale, intervenuta all’evento del W20.

La situazione scolastica delle bambine in Italia

In Italia, alla fine della scuola primaria, le bambine ottengono risultati in matematica mediamente inferiori di 2,5 punti rispetto ai coetanei maschi. Tra gli studenti con alto rendimento nelle materie scientifiche, solo 1 ragazza su 8 si aspetta di lavorare come ingegnere o in professioni scientifiche, a fronte di 1 su 4 tra i maschi.

Un divario che ha origine nei primi anni di scuola e che si rafforza con la scelta del liceo o della facoltà universitaria: tra i diplomati nei licei i ragazzi sono più presenti in quelli scientifici (il 26% di tutti i diplomati rispetto al 19% delle ragazze), mentre solo il 22% delle ragazze si diploma in istituti tecnici, quasi la metà rispetto ai maschi (42%).

Secondo i dati forniti a Save the Children dal Ministero dell’Istruzione relativi al 2019, tra i diplomati nei licei i ragazzi sono più presenti in quelli scientifici (il 26% di tutti i diplomati, rispetto al 19% delle diplomate) mentre le ragazze sono più presenti nei licei umanistici-artistici (il 42% di tutte le diplomate, solo il 13% dei diplomati). Allo stesso modo, solo il 22% delle ragazze si sono diplomate in istituti tecnici, a fronte del 42% dei maschi.

Fonte: Save the Children

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