Ecco chi era Paulinho Paiakan, controverso leader indigeno simbolo della lotta per l’Amazzonia morto per Covid-19

Dopo dieci giorni di sofferenza, Paulinho Paiakan, capo della tribù Caiapó Bep’kororoti è morto per colpa del nuovo coronavirus

Dopo dieci giorni di sofferenza, Paulinho Paiakan, capo della tribù Caiapó Bep’kororoti è morto per colpa del nuovo coronavirus. La sua vita è stata costellata da luci e ombre, perché se è vero che è stato un leader carismatico per la conservazione dell’Amazzonia, è anche vero che è stato condannato con una potenta accusa, quella di stupro nei confronti una studentessa di 18 anni. Stupro che lui ha sempre negato.

Una figura da molti definita come controversa. Paulinho Paiakan aveva 67anni ed è morto in questi giorni nell’ospedale regionale di Rendençao, nel Sud dello Stato di Pará. Il suo nome è associato a tantissime battaglie, in primis quella per la Carta costituzionale del 1988 che ha dato diritti sulle terre ancestrali a 240 tribù brasiliane. A ricordarlo sui social è Planète Amazone che lo descrive come un uomo leggendario nella lotta indigena contro la costruzione della diga di Belo Monte, proprio nelle riserve delle tribù.

“Nel febbraio 1989 questo leader estremamente intelligente e carismatico riesce a riunire tutti i capi del suo popolo kayapo, allora divisi, tutti i leader locali degli altri popoli (tra cui Davi Kopenawa del popolo Yanomami) e personalità internazionali come Paul Watson e David Suzuki”, scrive l’organizzazione.

Figlio del capo del villaggio di Aukre, Paiakan era nato nella gigantesca riserva nel sud / sud-est di Pará, con 3,2 milioni di ettari. Era cresciuto nella foresta, aveva nuotato nei fiumi limpidi che attraversano l’area indigena, aveva imparato a vivere nella natura, mentre aveva studiato nella capitale, Belém, con il sostegno della National Foundation of the Indian (Funai). Proprio da quest’ultimo viene assunto nel 1971. Ma questa mossa, viene interpretata come un voler utilizzare l’uomo per convincere le tribù indigene ad accettare la costruzione della Transamazzonica, la grande arteria che taglia in due la foresta pluviale. Ma Paiakan lotta per il suo popolo e riesce a ottenere l’espulsione di 5mila cercatori d’oro a Maria Bonita.

Al Meeting of the Xingu Indigenous Peoples, nel febbraio 1989, tenutosi ad Altamira, Paulinho Paiakan è stata una delle grandi star a fianco di artisti internazionali come il rocker inglese Sting. A quel tempo gli indiani avevano ottenuto una storica vittoria, seppellendo l’idea di Eletronorte di costruire la centrale idroelettrica Cararaô sul fiume Xingu. Una battaglia che il leader porta avanti insieme a Kube-i vola a Washington e incontra i rappresentanti della Banca Mondiale, della Casa Bianca e del Congresso. Davanti ai big mondiale spiega l’importanza delle terre ancestrali per gli indigeni. La Banca Mondiale congela il prestito e il progetto viene bloccato. Ciò costa ai due il carcere perché accusati di aver compromesso l’immagine del Brasile all’estero. Ma alla fine del processo, saranno tutti assolti.

La fama di Paikan è alle stelle, arriva ad essere vicino a una candidatura come Premio Nobel per la pace, ma nel 1992 ecco che, una pesante accusa macchia per sempre il suo destino e lo fa diventare una figura controversa. La studentessa di 18 anni Sílvia Léticia Ferreira lo accusa di stupro e la notizia arriva proprio durante la conferenza mondiale sull’ambiente.

Silvia Letícia accusato Paiakan e sua moglie Irekran di averla violentata in una fattoria vicino a Redenção dicendo che dopo essere stata picchiata dalla coppia con morsi e pugni, è stata costretta a fare sesso con l’indiano.

Un crimine che ha letteralmente scioccato il mondo, proprio perché Paiakan era noto per la sua campagna in diversi paesi a difesa della foresta e delle popolazioni indigene. Al primo processo nel 1994, Paulinho Paiakan e sua moglie furono assolti. Quattro anni dopo, in seconda istanza, l’uomo venne condannato a sei anni di carcere dalla Corte di giustizia del Pará e fece appello alla sentenza, ma la condanna rimase anche se con sconto di pena: due anni e quattro mesi di arresti domiciliari nel suo villaggio, proprio laddove per alcuni rimaneva un leader indiscusso e le accuse della ragazze solo una montatura per screditarlo e per altri era diventato un mostro.

“Mentre lui doveva essere la figura centrale del vertice Terra del 1992 a Rio, un’accusa di stupro distrugge la sua immagine. La cospirazione è malintenzionata, ma funziona. Paiakan torna in prima linea nella lotta 20 anni dopo a Rio, per il vertice di Rio+ 20. Noi siamo fieri di aver camminato con questo grande uomo”, chiosa Planète Amazone.

Propio per questo in queste ore molti post che rendono omaggio al leader indigeno sono stati segnalati a Facebook, tanto che risultano “fake news”.

Fonti: Planète Amazone/Terras Indigenas

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