Chi ha vissuto le ristrettezze della guerra, ha conservato sane abitudini di risparmio e oculatezza. Al contrario i baby boomer sembrano essere dei veri e propri "scialacquoni"
Sono i cosiddetti “baby boomer” – i figli del boom economico – sono le persone nate nei Paesi occidentali negli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale (1946-1964): si tratta di persone che oggi hanno un’età compresa fra i 60 e i 75 anni e che, secondo questo studio, rappresentano la fascia d’età che inquina maggiormente con le proprie emissioni di gas serra.
Se pensiamo alla generazione precedente, quella dei nostri genitori o dei nonni nati a cavallo fra i due conflitti mondiali, immaginiamo persone oculate e parsimoniose – tanto nell’alimentazione quanto in ogni altro aspetto della loro vita.
Avendo vissuto da piccoli le ristrettezze della guerra, la povertà, la fame, hanno adottato sane abitudini di risparmio – come ad esempio non sprecare il cibo, aggiustare e usare finché possibile, riutilizzare le cose vecchie e così via. Sono le stesse abitudini “sostenibili” che molti di noi si sforzano oggi di introdurre nella propria quotidianità per aiutare l’ambiente e inquinare meno.
Al contrario, la generazione dei baby boomer ha goduto sin dall’infanzia di una condizione di benessere e abbondanza che li porta ancora oggi ad essere più scialacquoni nel loro approccio alle risorse come cibo, acqua, vestiario e così via.
Un nuovo studio condotto dall’Università norvegese di scienza e tecnologia (NTNU) fornisce prove empiriche di questa doppia tendenza. I ricercatori hanno analizzato le emissioni di gas serra prodotte dagli abitanti dell’Unione Europea ma anche di Norvegia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, dividendole per fasce d’età e in tre momenti storici diversi: nel 2005, nel 2010 e nel 2015.
È emerso che, nel 2005, gli over 60 di allora rappresentavano solo il 15% delle emissioni sul totale della popolazione. Tale percentuale ha superato il 33% per gli aveva superato i 60 anni nel 2015 – praticamente un raddoppio delle emissioni in soli dieci anni!
Ciò che preoccupa maggiormente gli scienziati è il numero sempre crescente di nuovi anziani, effetto dell’allungamento della vita e dei progressi della medicina: gli anziani sono la fetta di popolazione più rigida e restia ad adottare cambiamenti radicali nel proprio stile di vita – quindi non è improbabile che continuerà a contribuire in maniera massiccia all’inquinamento atmosferico con le proprie emissioni.
Al contrario, sempre più giovani stanno provando a ridurre la propria impronta carbonica adottando abitudini sostenibili, come ad esempio alimentarsi in modo vegetale, acquistare abiti di seconda mano o usare meno la macchina e più i mezzi di trasporto pubblico.
Secondo questa classifica, gli anziani che vivono negli Stati Uniti sono quelli con emissioni maggiori – ben 21 tonnellate di CO2 pro capite emesse nel 2015, quasi il doppio della media europea. Nel nostro continente, maglia nera agli abitanti del Lussemburgo, on 19 tonnellate di CO2 emesse in un anno; seguono poi i norvegesi (12 tonnellate), agli svedesi (7,4 tonnellate) e i danesi (10,2 tonnellate).
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Fonte: Nature Climate Change
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