Nella notte tra il 28 e il 29, sposteremo ancora una volta le lancette dell’orologio in avanti. Si cambia, dunque, e non per l'ultima volta.
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Anche per il 2020 ci sarà il passaggio all’ora legale. Nell’ultimo week end di marzo, infatti, e precisamente nella notte tra il 28 e il 29, sposteremo ancora una volta le lancette dell’orologio in avanti. Si cambia, dunque, e per l’Italia non sarà l’ultima volta.
Dopo che i singoli stati membri dell’Unione europea sono stati invitati a decidere il proprio fuso orario da qui al 2021, stabilendo se mantenere in vigore o meno il cambio tra ora solare e quella legale, l’Italia ha detto definitivamente la sua.
Ma andiamo con ordine.
La proposta dell’Europa
A febbraio 2018 il Parlamento invitò la Commissione a valutare la direttiva sugli accordi relativi all’ora legale e, se necessario, presentare una proposta di revisione. In seguito, nello stesso anno, una consultazione online lanciata dalle autorità europee, avvenuta dal 4 luglio al 16 agosto 2018, ricevette 4,6 milioni di risposte da tutti i 28 Stati membri: l’84% degli intervistati si era detto favorevole al cambio. In particolare più di tre quarti (76%) degli intervistati aveva fatto sapere che spostare le lancette degli orologi due volte all’anno fosse un’esperienza “molto negativa” o “negativa”.
In seguito alla valutazione delle risposte, la Commissione presentò la proposta chiedendo agli Stati di decidere entro aprile 2021 se adottare definitivamente l’ora legale o l’ora solare.
La decisione dell’Italia
Nel novembre scorso l’Italia si è detta contraria alla totale abolizione dell’ora legale per tre ordini di ragioni: innanzitutto mancherebbero ancora prove scientifiche che quei due piccoli cambiamenti di fuso orario possano creare un danno psico-fisico; inoltre, grazie all’ora legale, che per sei mesi consente di accendere le luci un’ora dopo, gli italiani risparmiano parecchio in bolletta; la terza perplessità riguarda la possibilità che le singole scelte dei Paesi membri possano creare differenze tra fusi orari talmente ingombranti da mettere a rischio il corretto funzionamento del mercato comunitario.
Quindi, dopo che l’Unione europea aveva chiesto ai vari stati membri di decidere riguardo al proprio fuso orario, l’Italia ha per il momento detto di no e ha depositato a Bruxelles una richiesta formale per mantenere il sistema tuttora in vigore: sei mesi l’anno di ora legale, che qui da noi si ha dal 1966, e sei mesi l’anno di ora solare (come molti altri Paesi del Sud, a differenza dei Paesi del Nord che sono apertamente contro l’ora legale, dal momento che in estate fa buio più tardi e non hanno bisogno di spostare gli orologi per un risparmio energetico).
A marzo lancette avanti
Per il momento, quindi, l’Italia ha formalmente chiesto di mantenere il sistema tuttora in essere: sei mesi l’anno di ora legale e gli altri sei mesi di ora solare, con un documento depositato a Bruxelles lo scorso giugno che per ora (febbraio 2020) è rimasto invariato.
Dopo che anche gli altri Stati membri avranno depositato il documento in cui si esprime la posizione nazionale (position paper), avverrà la discussione definitiva nelle sedi del Parlamento e della Commissione europea.
Intanto, il prossimo mese sposteremo le lancette – nella notte tra il 28 e il 29 marzo – come sempre e rimaniamo in attesa della decisione della Commissione europea. Entro il 2021, comunque, se così dovessero rimanere le cose, anche l’Italia dovrà prendere una posizione e decidere quale dei due orari adottare.
Fonte: Parlamento europeo
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