Omotransfobia, in Brasile chi discrimina le persone LGBTQ+ sarà punibile col carcere fino a 5 anni

Mentre qui in Italia ancora fanno fumo le ceneri del DDL Zan, che provò a mettere in piedi una legge contro omotransfobia, misoginia e abilismo, da ogni parte del mondo giunge (quasi sempre) un unico intento: perseguire chi offende una persona a causa del suo genere o del suo orientamento

Sarà perseguito allo stesso modo di chi discrimina con insulti razziali colui che offenderà una persona a causa del suo genere o del suo orientamento.

Così la Corte Suprema Federale (STF) del Brasile ha equiparato l’omotransfobia alla calunnia razziale, a sua volta considerata un reato punibile che non consente la cauzione e non va in prescrizione. In questo modo la STF ha corretto un’interpretazione che negava parte dell’applicabilità della legge sulla calunnia razziale sancita nel gennaio 2023 dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva in uno dei suoi primi atti da quando assunse il suo terzo mandato.

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La Corte Suprema ha risposto a una richiesta dell’Associazione brasiliana di lesbiche, gay, bisessuali, travestiti, transessuali e intersessuali (ABGLT) che chiedeva di considerare i reati contro la comunità LGTBI+ come insulti razziali.

Pertanto, coloro che offendono l’onore di una persona a causa del suo genere o del suo orientamento sessuale saranno perseguiti allo stesso modo di coloro che discriminano in base alla razza, al colore, all’etnia, alla religione o all’origine.

La legge sulla calunnia razziale, approvata nel dicembre 2022 dal Congresso, ha innalzato le pene da uno a tre anni a da due a cinque anni di reclusione.

La pena per la calunnia razziale, qualificata come razzismo nel codice penale, può essere raddoppiata quando il reato è commesso da due o più persone e si applica anche ai fatti che si verificano in occasione di partite di calcio, manifestazioni sportive, culturali o religiose. Inoltre, con la nuova legislazione, alle persone condannate per insulti razzisti negli stadi sarà impedito di recarsi negli stadi per tre anni dopo aver scontato la pena detentiva.

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Fonte: STF

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