L’Olocausto dei nativi americani: una strage di cui nessuno parla

Accanto alla Shoah e a tanti altri drammi, esiste un altro massacro, quello di cui nessuno parla, quello che non restituisce dignità alle vittime: il genocidio dei nativi americani (iniziato l'1 febbraio del 1876), in cui persero la vita circa 100 milioni di persone nell'indifferenza generale...

Da poco abbiamo celebrato la Giornata della memoria, per ricordare gli orrori del nazismo di cui furono vittime gli ebrei, ma c’è un altro massacro, di cui si parla ancora troppo poco, che ebbe inizio l’1 febbraio del 1876. In questa data gli Stati Uniti dichiararono guerra al popolo Sioux, che si rifiutava di abbandonare le sue terre ancestrali dove era stato scoperto l’oro.

Questo sterminio, che precedette l’era moderna, è stato un tragico capitolo nella storia del continente americano, spesso trascurato nei racconti storici ufficiali. Prima dell’arrivo degli occidentali, numerose etnie indigene abitavano il continente americano. La loro distruzione, avvenuta nel corso dell’evento che è stato definito “500 anni di guerra”, causò la morte di quasi 100 milioni di persone, cancellando intere culture, tradizioni e un ambiente naturale unico e incontaminato.

La tanto celebre “scoperta dell’America” fu, infatti, per i nativi l’inizio della fine perché quella data segnò l’avanzata del massacro che si concluse solo nella Prima guerra mondiale. È così che, nell’indifferenza generale, intere comunità vennero sterminate all’interno dei loro villaggi dagli eserciti regolari: alcuni morirono perché gli occidentali portarono con sé vaiolo e altre malattie, altri di fame dopo la devastazione di piante e animali.

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Tutto il continente americano subì una trasformazione radicale con l’arrivo di Colombo e gli occidentali non fecero altro che quello che Hitler attuò nei campi di concentramento. In vari testi storici, viene raccontato che il dittatore nazista per la sua idea folle di sterminio degli ebrei a favore della razza ariana si ispirò proprio all’Olocausto degli indigeni americani.

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Uno sterminio che si ripete nell’indifferenza generale

L’atteggiamento, già dalla scoperta dell’America, era chiaro: i colonizzatori si erano eretti a entità superiori giudicando i nativi come “selvaggi e da civilizzare”.

Nel corso del XVI a decimare queste popolazioni ci pensarono anche vaiolo, influenza, varicella, morbillo, tutte patologie sbarcate assieme agli occidentali. Malattie inesistenti in America, per questo mentre le popolazioni europee avevano sviluppato anticorpi, gli indiani d’America si ammalarono e morirono senza cure. Si stima che circa un decimo dell’intera popolazione mondiale fu decimato.

Ma perché tutto questo orrore? Ci sono tantissimi motivi alla base anche se tutto è legato da un unico filo conduttore, quello di impossessarsi di terre e ricchezze dei nativi, spesso però guerre e uccisioni vennero giustificate da motivi ideologici.

Durante la guerra di secessione americana, tra gli episodi più cruenti da non dimenticare, spicca il massacro Sand Creek del 29 novembre 1864, avvenuto durante la guerra del Colorado. Un episodio drammatico in cui 600 nativi americani membri delle tribù Cheyenne meridionali e Arapaho, vennero attaccati da 700 soldati comandati dal colonnello John Chivington, nonostante i trattati di pace stipulati con i capi tribù locali. Un massacro senza precedenti di donne e bambini che sfociò in diverse investigazioni da parte dell’esercito statunitense.

Purtroppo oggi la situazione non è poi così diversa. Come rivelato da numerose inchieste, gli indigeni del Sud America vengono costantemente sfrattati, minacciati e uccisi dai cercatori d’oro, allevatori e taglialegna illegali. Tante comunità sono vittime di un nuovo genocidio, che il mondo sta ignorando.

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