La sottolineatura del libro rende il testo incomprensibile per i software di lettura automatica, minandone l'accessibilità per persone cieche o dislessiche
Leggere un libro è un’attività molto personale, e ognuno ha il suo metodo per farlo: c’è chi ha sempre vicino un quadernetto per annotare le frasi più significative, chi sottolinea i passaggi che più lo hanno colpito, chi piega l’angolo delle pagine a suo dire più importanti.
Tuttavia, ci sono delle cose che non andrebbero mai fatte quando si tratta di libri – e non perché, come qualcuno pensa, i libri sono oggetti “sacri” da conservare immacolati come nuovi.
Un nostro gesto fatto con leggerezza, infatti, può trasformarsi in un ulteriore ostacolo per chi ha una disabilità visiva o un disturbo nell’apprendimento e minare la fruibilità del libro.
Stiamo parlando della sottolineatura del testo scritto – sia essa fatta con una penna, con la matita o con evidenziatori colorati.
Oltre a essere irrispettoso nei confronti dell’ente pubblico che mette a disposizione il libro che stiamo leggendo (biblioteca, istituto scolastico…), sottolineare un testo ne minaccia l’accessibilità.
Perché non dovremmo sottolineare i libri
La sottolineatura di un testo stampato diventa una barriera visiva per persone con disabilità visive (ciechi, ipovedenti) o disturbi specifici dell’apprendimento (dislessici), poiché non permette ai software di lettura automatica di funzionare correttamente.
Per accendere i riflettori sul tema dell’accessibilità a tutti dei testi scritti, l’Università Sapienza di Roma ha lanciato l’iniziativa “Se sottolinei io non leggo” per:
informare studenti, docenti e, più in generale, tutti gli utenti delle biblioteche riguardo quanto sia importante e necessario non sottolineare i libri in un’ottica di accessibilità.
Insomma, meglio rimettere a posto matite ed evidenziatori quando stiamo leggendo un libro non nostro, se non vogliamo che il nostro gesto impedisca a qualcun altro di accedere allo stesso testo.
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