Nasrin Ghadri è l’ultima vittima della polizia morale, ma le proteste delle donne iraniane non si fermano

Ancora sangue in Iran, con la giovane Nasrin Ghadri, dottoranda di filosofia a Teheran, morta sotto i colpi dei manganelli. Ma, intanto, il movimento contro il regime del Paese innescato dalla morte di Mahsa Amini continua a resistere e a fronteggiare la repressione

Nuove proteste sono scoppiate negli ultimi giorni in Iran nelle università e nel nord-ovest del Paese, in gran parte curdo. Un lungo e rumoroso e sofferto movimento anti-regime che dura ormai da sette settimane e resiste a una feroce repressione.

Le proteste, innescate a metà settembre dalla morte di Mahsa Amini dopo che era stata arrestata per presunta violazione delle rigide regole di abbigliamento per le donne, si sono trasformate nel più grande dissenso nei confronti della leadership dalla rivoluzione del 1979.

E, a differenza delle manifestazioni che scattarono nel novembre 2019, queste vedono la partecipazione di chiunque, in maniera trasversale tra le classi sociali, nelle università, nelle strade e persino nelle scuole, senza mostrare alcun segno di cedimento.

Ma il bilancio delle vittime da parte della polizia morale cresce inesorabilmente e si avvicina a 300 persone circa.

L’ultima protesta è stata scatenata dalla morte a Teheran di una dottoranda 35enne curda di Marivan, Nasrin Ghadri, massacrata e picchiata in testa dalla polizia. Anche lei era scesa in piazza per far urlare contro quel sistema di potere opprimente ma, colpita più volte, è andata in coma per morire poco dopo.

Nasrin non sarà l’ultima vittima di questo surreale processo, basti pensare che la maggioranza dei membri del Parlamente ha chiesto la pena di morte per i manifestanti arrestati durante le sommosse in piazza. Quei dimostranti, per lo più ragazze e ragazzi, ono chiamati “nemici di Dio” e sarebbero incitati “dagli Stati Uniti e da altri nemici”.

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