La toccante intervista di Michele Bravi arriva dritta al cuore perché alza il velo su un bullismo di cui in troppo pochi vogliono parlare in tv

Michele Bravi, ospite di Francesca Fagnani a Belve, ha parlato di un argomento molto delicato: il bullismo che ha subito da ragazzino.

Michele Bravi, ospite di Francesca Fagnani a Belve, programma di Rai 2, si è raccontato senza filtri e ha parlato di un periodo delicato e doloroso della sua vita. L’artista, infatti, è stato vittima di bullismo in quanto gay.

L’onestà del racconto di Michele Bravi: l’intervista a Belve

Michele Bravi, giovane cantautore, si è raccontato nella trasmissione di Francesca Fagnani, Belve, in onda su Rai 2. Durante la lunga chiacchierata con la giornalista, l’artista ha parlato di alcuni episodi di bullismo da lui subiti. Ecco le sue parole:

Mi chiamavano Michecca e mi gettavano nella spazzatura. Non ero consapevole di aver subito bullismo, non avevo capito che impatto avrebbero avuto quegli episodi sulla mia vita. Semplicemente chiudevo gli occhi e aspettavo che finisse.

Oltre a mettere in luce gli attacchi omofobi e la violenza verbale e fisica da parte dei suoi carnefici, Michele Bravi ha posto l’accento anche su un altro aspetto importante: la non consapevolezza del bullismo subito. Spesso, infatti, la violenza patita viene sminuita dalla vittima stessa, per autodifesa o per l’assurda convinzione di meritarla. Le conseguenza, quindi, non sono immediate e arrivano in un secondo momento, ma non per questo sono meno dolorose.

Non percepivo che quelle cose avrebbero avuto un impatto sulla mia vita, non gli davo un peso, per me era la normalità, era solo una cosa che non mi piaceva della giornata.

La “colpa” che gli altri attribuivano a Michele Bravi era il fatto di essere omosessuale, la stessa colpa che – almeno all’inizio – lui dava a se stesso:

Mi sono innamorato per la prima volta di un ragazzo a 13 anni, in un primo momento l’ho avvertito come un pericolo, ho pensato fosse qualcosa di sbagliato.

Oggi Michele Bravi è un uomo adulto, consapevole e in armonia con se stesso. Nelle sue parole c’è una profonda consapevolezza, quella di aver sopportato – suo malgrado – gli atti di bullismo come fossero un destino obbligato. Come se non esistessero alternative. L’intervista a Belve è stata un’ottima occasione per parlare non sono di violenza, ma anche di chi, purtroppo, è vittima due volte: degli omofobi, in primis, e poi di se stesso, della propria convinzione di non potersi ribellare alla violenza stessa.

Le parole di Michele Bravi sono un faro nel buio, perché puntano i riflettori sui tanti giovani che, seppur vittime, hanno paura di raccontarsi, temendo di non meritare altro che quella violenza. Tanti giovani subiscono atti di omofobia e si convincono che sia la normalità. Questo, purtroppo, accade per via dell’accettazione passiva, spesso inconsapevole, dei pregiudizi tipici della cultura omofoba in cui sono nati e cresciuti.

Un applauso a Michele Bravi, che è riuscito a mettersi a nudo e a raccontare, con spontaneità e naturalezza, il dolore di cui è stato vittima. La sua testimonianza è d’aiuto a chi, come lui, «chiude gli occhi e aspetta che passi». Nessuno merita la violenza. E nessuno è colpevole di essere quel che è. Sono le nostre azioni a definirci, non la nostra natura. Nessuna natura è sbagliata.

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