Si scusa ufficialmente e lo fa a 500 anni dalla Conquista spagnola, quella dalla quale è partita una sfilza infinita di abusi nei confronti dei Maya. Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, ma anche il suo omologo guatemalteco Alejandro Giammattei, presenta sontuosamente le sue scuse al popolo indigeno Maya per i torti commessi contro di loro. Meglio tardi che mai.
Un momento importante per i leader Maya che hanno a lungo spinto per un maggiore riconoscimento del massacro della loro gente e della quasi totale eliminazione della cultura e dei loro costumi da parte dei governi spagnolo e messicano. Ma c’è un ma: manca solo un mese alle elezioni e il presidente López Obrador non sembra fare questa mossa esattamente spinto da nobili propositi.
La popolazione dei Maya esercitò di fatto un controllo su buona parte del Centro America a partire dal 1500 a.C., ma poi, sotto il controllo delle autorità spagnole, a partire dall’inizio del ‘500, e dei governi messicani, dopo la guerra per l’Indipendenza (1810-1821), subì l’annientamento della sua cultura.
“Ci scusiamo con il popolo Maya per i terribili abusi commessi da individui e potenze nazionali e straniere durante la conquista, i tre secoli di dominio coloniale e i due secoli di Messico indipendente“, dice López Obrador riferendosi soprattutto alla Guerra delle caste del XIX secolo.
Petición de perdón por agravios al pueblo maya. Fin de la Guerra de Castas, desde Quintana Roo. https://t.co/dZZk5TGMbd
— Andrés Manuel (@lopezobrador_) May 3, 2021
Durante la cerimonia, il governo messicano ha riconosciuto anche il razzismo e la discriminazione che questa minoranza etnica soffre ancora, a due secoli dalla indipendenza del Paese. Ma c’è voluto poco, poi, perché il presidente messicano ricevesse anche dei fischi: a molti, infatti, non va a genio la costruzione del Treno Maya, progetto di punta proprio dell’attuale governo, una linea lunga ben 1.500 chilometri che dovrebbe attraversare diverse parti della penisola dello Yucatan.
Un obbrobrio, secondo alcuni, tanto che sono diverse le organizzazioni che rifiutano il progetto, sostenendo che senza dubbio porterà danni all’ambiente. Non ci vuole molto a crederci. E chi ci andrà per lo mezzo? I contadini, certo, ma anche diverse tribù indigene.
E la storia si ripete.
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