ll merito è una tirannia dei nostri tempi (che lascia indietro i più deboli)

La retorica meritocratica è tossica e pericolosa, più di quanto immaginiamo. A schiarirci le idee, dopo l'aggiunta della parola "merito" al Ministero dell'Istruzione, ci sono due saggi che vale la pena di rileggere proprio oggi

Da adesso in poi non avremo più il Ministero dell’Istruzione, a cui eravamo ormai abituati. Per il nuovo esecutivo, guidato da Giorgia Meloni, evidentemente il nome non era abbastanza completo e così la dicitura è stata trasformata in “Ministero dell’Istruzione e del Merito”. A primo impatto, il termine potrebbe essere associato a una connotazione innocua e persino positiva: un sistema scolastico che premia chi si impegna di più. Eppure basta rifletterci qualche secondo di più per rendersi conto che in realtà si tratta di un’idea malsana, che non fa altro che produrre disuguaglianze all’interno della nostra società.

Premiare bambini e ragazzi in base al merito significa costringerli a vivere il mondo della scuola in maniera competitiva, in preda ad una costante ansia da prestazione. Ma da dove nasce il termine meritocrazia e perché celebrare questo concetto può rivelarsi molto pericoloso?

Perché la meritocrazia è un’arma tossica

A inventare il termine meritocrazia nel 1958 fu lo scrittore e sociologo britannico Micheal Young, autore di “The raise of meritocracy”, un saggio critico e illuminante, ambientato nel 2033, in cui viene mostrata un’Inghilterra alle prese con la cosiddetta “riforma del merito”: la classe dirigente governa ispirandosi al principio dell’uguaglianza delle opportunità e dell’intelligenza misurata scientificamente, ma – invece di rafforzare la democrazia – tutto ciò ha effetti drammatici sul resto della società, che finisce per ribellarsi.

Il concetto di meritocrazia è stato poi ripreso più di recente da Michael J. Sandel in un altro interessante volume, dal titolo “La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e di perdenti”, pubblicato nel 2020.

Il saggio del filosofo statunitense affronta il fenomeno della Brexit, l’ascesa di Trump e il successo delle destre in Europa, smontando l’idea del merito, dietro cui si cela un grande inganno, per ripensare al bene comune.

La meritocrazia spinge, infatti, l’umanità verso la frustrazione e non fa altro che aumentare il divario fra i più forti (e ricchi) e i più deboli (e poveri) perché senza pari opportunità, vincerà sempre chi ha più mezzi. E chi perde, si ritroverà ad incolpare se stesso (quando in realtà bisognerebbe prendere in considerazione altri fattori sociali, economici e politici).

Inutile girarci intorno: il concetto di meritocrazia va a braccetto con quello di classismo e non fa altro che generare ansia e frustrazione e metterci gli uni contro gli altri. È una delle più grandi tirannie dei nostri tempi, che non andrebbe celebrata né incentivata. L’Italia ha bisogno di un sistema di istruzione che sia davvero democratico e inclusivo e il merito non tiene conto delle condizioni di partenza, sociali ed economiche.

Smettiamola di credere ingenuamente alla favoletta del “se vuoi, puoi”…

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Fonti: The raise of meritocracy (M. Young)/The tiranny of merit (M. Sandel)

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