Davvero incredibile, ma il matrimonio forzato con il proprio stupratore è ancora legale in questi 20 paesi

In un recente rapporto ONU è stata evidenziata la necessità di abrogare le leggi sul matrimonio riparatore vigenti in 20 paesi del mondo.

In un recente rapporto sulla popolazione del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), lo SWOP Report 2021, pubblicato lo scorso 14 aprile e dedicato all’autonomia corporea come imprescindibile diritto umano, è stato posto l’accento sull’estremo grado di vulnerabilità delle donne, soprattutto nell’attuale periodo pandemico.

Un crescente numero di donne e bambine rischia infatti di subire gravi violenze di genere e sono sempre più diffusi fenomeni drammatici come quello delle spose bambine, dei delitti d’onore e dei matrimoni riparatori, senza dimenticare pratiche misogine, violente e invasive come le mutilazioni genitali femminili o i test di verginità effettuati sulle vittime per ordine del sistema di giustizia penale per accertare e verificare se vi sia stato o meno stupro.

Delitto d’onore, stupro e matrimonio riparatore

Nello stesso rapporto si parla della legislazione sul matrimonio riparatore, tuttora vigente in 20 paesi del mondo. Le donne abusate e violentate, obbligate a sposare il proprio stupratore, sono doppiamente vittime e sono schiacciate da un sistema culturale e politico violento, misogino e patriarcale, che scarica le responsabilità penali e sociali non sui colpevoli, non su coloro che compiono inaccettabili stupri e atti di violenza sessuale, bensì sulle loro stesse vittime.

Inoltre, in 43 paesi del mondo non esiste alcuna legislazione che criminalizzi lo stupro coniugale

E in Italia?

In Italia, le disposizioni sul matrimonio riparatore (articolo 544 del codice penale italiano, che estingueva il reato di stupro in caso di matrimonio contratto tra l’accusato e la persona offesa) e sul delitto d’onore sono state abrogate con l’entrata in vigore della legge n. 442 del 1981.

A tal proposito, si ricordi il noto caso della 17enne di Alcamo, Franca Viola, prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore in Sicilia, dopo essere stata rapita nel 1965 e abusata da Filippo Melodia. Il coraggioso gesto della giovane Franca, che, liberata il 2 gennaio 1966, ha denunciato lo stupro e accusato il colpevole, dà avvio ad uno storico processo, che ha aperto la strada alla lotta per i diritti delle donne in Italia. Tra l’altro, nel belpaese solo nel 1996 lo stupro è stato finalmente riconosciuto non come un reato «contro la morale» ma «contro la persona».

Quando la legge giustifica la violenza

Oggi, tra i 20 paesi che autorizzano gli stupratori a sposare le loro vittime per sfuggire all’azione penale, Russia, Thailandia e Venezuela consentono agli uomini di vedersi revocata la loro condanna per stupro a condizione di sposare le donne o le ragazze violentate e/o abusate.

La dottoressa Natalia Kanem, direttrice esecutiva dell’UNFPA, ha messo in evidenza la gravità di leggi di questo genere, leggi che proteggono e tutelano chi viola i diritti delle donne, delle adolescenti e delle bambine, sottomettendole non solo a uomini violenti, ma anche alle politiche criminali illegittime messe in campo dalle autorità statali.

natalia kanem

@Dr. Natalia Kanem/Twitter

In sostanza, quelle spose diventano una merce, una proprietà, quindi sono possedute, comprate, vendute o trafficate, in aperta violazione dei loro diritti, della loro autonomia fisica e della loro dignità di esseri umani.

Spesso le donne sono considerate proprietà della famiglia, in una prospettiva tribale ormai anacronistica, che mescola e confonde sessualità e onore.

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@UNFPA/Twitter

Come cancellare queste leggi 

Tuttavia, non è impresa impossibile modificare o cancellare tali leggi. Nonostante le iniziali difficoltà e reticenze, sul modello del Marocco — dove la legge è stata stata abrogata nel 2014 in seguito ad una grande sollevazione popolare scatenata dal suicidio, avvenuto nel marzo 2012, di Amina al-Filali, una ragazza di 16 anni costretta a sposare il suo stupratore — altri paesi arabi (Giordania, Palestina, Libano e Tunisia) ne hanno seguito l’esempio.

Se però ci spostiamo nel Golfo, in Kuwait è ancora consentito allo stupratore di sposare legalmente la sua vittima, previo permesso del suo tutore (wali). In Russia, se l’autore del reato ha compiuto 18 anni e ha commesso uno stupro ai danni di un minore di età inferiore ai 16 anni, non incorre nella prevista sanzione penale se acconsente a sposare la vittima.

Invece in Thailandia, il matrimonio è una buona exit strategy per lo stupratore solo se quest’ultimo è maggiorenne e se la vittima ha più di 15 anni, a patto che sia consenziente e che il tribunale gli conceda il permesso di matrimonio.

Sempre nel rapporto ONU, viene spiegato che la capacità delle donne di scegliere liberamente del proprio corpo senza incorrere in forme di violenza o coercizione sta diventando l’eccezione più che la regola: a quasi la metà delle donne (45%) in ben 57 paesi è negato il diritto di dire liberamente “sì” o “no” al sesso con il proprio partner, usare la contraccezione o accedere all’assistenza sanitaria.

Infine, oggi come ieri, bersaglio di discriminazioni, abusi, molestie e violenze sessuali sono non solo le donne e le ragazze, ma anche le persone con disabilità e i membri della comunità lgbt.

Fonte: UN News/UNFPA

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