"S’Urtzu" è il dio Dioniso, di cui inscena la passione e la morte, mentre i famosi Mamutzones rappresentano i suoi seguaci. Maschere (e rituali) riscoperti recentemente, che affondano le radici in un lontano passato
Samugheo è un piccolo comune della provincia di Oristano, in Sardegna, dove ogni anno, in occasione del Carnevale, le strade si popolano di Mamutzones, maschere tradizionali le cui origini affondano nella cultura agropastorale locale.
In realtà l’antico Carnevale di Samugheo conserva anche elementi del culto di Dioniso, dio rappresentato dalla famosa maschera chiamata “S’Urtzu”, che indossa un costume realizzato con pelle nera di caprone, munita di testa e corna.
Questo essere, metà uomo metà caprone, ha il volto nero e in vita tiene legata una fune la cui estremità è sostenuta da “Su Omadore”, il suo guardiano, che non perde occasione per pungolarlo e strattonarlo.
“S’Urtzu” si scuote, si arrampica, cade e si rialza, si getta a terra mimando la morte, inscenando in questo modo la passione e la morte di Dioniso, cerimonia un tempo considerata sacra, declassata a tradizione carnevalesca in periodo cristiano, spiega il sito Mamutzones de Samugheo.
I Mamutzones d’altra parte rappresentano i suoi seguaci, vestiti con pelli di capra e un caratteristico copricapo di sughero detto “su casiddu” con corna caprine o bovine.
Sfilano scuotendo chiassosi campanacci per allontanare, con il loro rumore, gli spiriti maligni, e di tanto in tanto circondano “S’Urtzu” danzandogli intorno, come posseduti.
Quest’anno l’appuntamento con i Mamutzones è previsto domenica 5 febbraio a Samugheo durante “A Maimone”, rassegna di maschere carnevalesche provenienti da tutta la Sardegna.
FONTI: Mamutzones/samugheostory
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