Molti più bambini sono sopravvissuti all’infanzia nella preistoria rispetto a ciò che gli archeologi avevano finora ipotizzato
Secondo un nuovo studio, molti più bambini sono sopravvissuti all’infanzia nella preistoria rispetto a ciò che gli archeologi avevano finora ipotizzato
La mortalità infantile era una grave emergenza nell’antichità – se compariamo il fenomeno ai tempi moderni, nei quali abbiamo accesso alle cure mediche e all’assistenza sanitaria. È ragionevole, quindi, pensare che più si va indietro nel tempo e maggiore sarà il numero di bambini che non hanno superato i primi anni di vita: infatti, i siti di sepoltura più antichi suggeriscono che circa la metà dei bambini nati in epoche preistoriche non sono sopravvissuti oltre il primo anno d’età. Tuttavia, un recente studio archeologico condotto in Australia tratteggia una situazione assai diversa da quella finora data per assodata, concludendo che i dati relativi alla mortalità infantile nella preistoria sono sostanzialmente sbagliati.
La ricerca condotta dall’Australian National University è la dimostrazione lampante di quanto possano essere fuorvianti i preconcetti semplificatori, che guardano ad un singolo elemento di un fenomeno e distorcono l’immagine completa: per troppo tempo infatti si è ipotizzato che, se in un sito cimiteriale erano sepolti molti bambini, allora la mortalità infantile doveva essere alta all’epoca. Molti archeologi hanno sostenuto questa idea, anche vista l’assenza della moderna assistenza sanitaria a sostegno dei bambini. In realtà, l’alto tasso di bambini seppelliti in questi siti può rivelarci qualcosa sul numero di bambini nati in quel periodo, ma molto poco sulla relazione fra bimbi nati e bimbi morti.
Per comprendere meglio la portata del fenomeno di natalità nella preistoria, il team di ricercatori ha raccolto e confrontato i dati forniti dalle Nazioni Unite sulla mortalità infantile, sulla fertilità e sulle morti che avvengono durante l’infanzia relativi a 97 Paesi. L’analisi di questi dati ha mostrato che è la fertilità (e non il tasso di mortalità) ad avere un impatto maggiore sulla proporzione dei neonati deceduti: più bimbi nascono, più grande sarà il numero di coloro che muoiono prematuramente. Questo accade nel mondo moderno, e con buona probabilità accadeva anche in quello preistorico – con la differenza che la grandezza del fenomeno allora era molto maggiore rispetto ad oggi.
Basandosi sui dati delle Nazioni Unite, i ricercatori hanno concluso che i resti cimiteriali degli ultimi 10.000 anni non supportano la tesi che la mortalità infantile era più alta del 40% rispetto ad oggi – come alcuni studi finora hanno sostenuto, sulla base di ritrovamenti archeologici. In altre parole, anche se può sembrare illogico, il grande numero di neonati seppelliti nell’antichità riflette un grado di fertilità molto alto, e suggerisce che i genitori preistorici avevano le risorse e le capacità di allevare un gran numero di figli.
Sappiamo ancora molto poco sulla maternità della preistoria: quando le donne iniziavano ad avere i figli e quanti figli avevano in media? Gli archeologi non sono ancora riusciti a dare risposte certe a questi interrogativi, che forse resteranno aperti per sempre. Tutto ciò che possiamo fare sono ipotesi basate sulla lettura attenta e libera da pregiudizi dei ritrovamenti archeologici.
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Fonte: American Journal of Biological Anthropology
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