Mahatma Gandhi: 7 cose che non sai sulla vita della “grande anima” indiana

Mahatma Gandhi, “grande anima”, ha avuto nella sua vita un unico grande nemico: il colonialismo. E lo ha combattuto e vinto con la pace.

Mahatma Gandhi, “grande anima”, ha avuto nella sua vita un unico grande nemico: il colonialismo. E lo ha combattuto, e vinto, praticando la pace

Si era laureato a Londra e divenne avvocato, poi si era dato alla vita politica: ma quello che ha caratterizzato Mahatma Gandhi, al secolo Mohandas Karamchand Gandhi, è il fatto che abbia portato con sé, fino alla fine, il pensiero non-violento, conducendo l’India all’indipendenza. La pace, la fratellanza, la spiritualità: ecco cosa contrassegnava Gandhi, assassinato il 30 gennaio del ’48.

Alla fine dell’800, in effetti, i Britannici consolidarono il loro dominio coloniale in India, facendola diventare la più vasta delle colonie europee in Asia. Un colonialismo che “opprimeva i popoli” e che andava combattuto.

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Ed è stato proprio Gandhi, contrario a qualsiasi forma di razzismo e di intolleranza religiosa (e vegetariano convinto) a condurre l’India all’indipendenza (1947) attraverso forme di lotta nuove e radicali: la disobbedienza civile, la non-violenza, la resistenza passiva. Appena un anno dopo la conquista dell’indipendenza, rimase egli stesso vittima dell’intolleranza e del fanatismo che aveva combattuto per tutta la vita.

7 cose che non sai su Gandhi

Il matrimonio forzato

A 13 anni fu sposato alla coetanea Kasturba, tipiche nozze forzate indù fra bambini, come si usava nell’India dell’Ottocento, pratica che lui poi condannò duramente e di cui si vergognò per tutta la vita. Il bello è che con Kasturba non si è mai più separato, ebbero 4 figli e lei divenne la compagna delle sue battaglie quotidiane.

Gli albori del suo attivismo

Fu in Sudafrica che ebbe origine il suo attivismo, a 24 anni. Qui, nel 1893, si trovava per seguire una causa di un cliente e nel corso di un viaggio in treno gli fu chiesto di lasciare lo scompartimento di prima classe, per cui comunque aveva un regolare biglietto, per spostarsi in terza, dove viaggiava la gente di colore. Mohandas non lo fece e lo costrinsero a scendere alla stazione di Maritzburg, nella cui sala d’aspetto  rimase tutta una notte. Lì scattò qualcosa, che lo spinse a rimanere in Sudafrica per oltre vent’anni, difendendo le minoranze indiane locali dai soprusi dell’apartheid. Grazie alla sua passione, qui fondò anche 3 squadre e tutte con lo stesso nome: “Passive Resisters Soccer Club”.

Mahatma sta per?

Si tratta di un titolo onorifico che deriva dal sanscrito e significa “Grande Anima“. Un appellativo che gli fu attribuito proprio in Sudafrica nel 1914. In India Mohandas Karamchand Gandhi venne invece sempre chiamato Bapu, ossia padre o papà. Presto, inziò cibarsi solo di noci e frutta fresca e perfezionò la pratica del digiuno, inizialmente considerandolo come mezzo per avvicinarsi a Dio o per espiare i propri errori, ma in seguito usandolo come mezzo di lotta per rivendicare i diritti negati.

La lettera a Hitler

Il 23 luglio 1939 scrisse a Hitler per scongiurare una guerra disastrosa (nel 1931 uscì in Italia una sua autobiografia che fu presa a modello dagli antifascisti). Ma quella lettera non arrivò mai al Führer perché il Governo britannico la bloccò. Il 1 settembre 1939 la Germania invase la Polonia, e due giorni dopo Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania, dando inizio al secondo conflitto mondiale. Ma a Gandhi piaceva scambiare missive anche con Albert Einstein e con lo scrittore e filosofo russo Leo Tolstoy, con cui ebbe un bellissimo dialogo epistolare sui temi della non violenza e della legge dell’amore.

La marcia del sale

Nel marzo 1930 Gandhi lanciò una nuova compagna contro la legge britannica di monopolio sul sale: gli Indiani non potevano vendere il loro sale sui mercati internazionali, ma solo i Britannici, sfruttando il duro lavoro degli Indiani, erano autorizzati a farlo. La marcia guidata da Gandhi e seguita dalla stampa internazionale, dopo aver percorso centinaia di chilometri raggiunse il mare e in segno di protesta il Mahatma raccolse un pugno di sale e, subito dopo di lui, tutti ripeterono il suo gesto.

La marcia del sale durò 24 giorni e per 200miglia e ha portato la protesta pacifica direttamente alle saline, presidiate dalla polizia inglese. Partirono in 78 e arrivarono a migliaia e quando l’esercito diede l’ordine di sparare sulla folla, gli ufficiali si rifiutano di farlo. La marcia si concluderà con l’arresto di più di 60mila persone e di Gandhi, condannato a 6 anni.

Niente Nobel

Fu nominato per il premio Nobel alla pace in cinque occasioni (1937, 1938, 1939, nel 1947 e nel 1948, anno del suo assassinio), ma mai gli è stato consegnato. Nel ’48, il Comitato per il Nobel addirittura decise che non c’erano candidati adatti a quel riconoscimento e il Premio rimase così scoperto. Nel 2006 i responsabili dell’assegnazione avrebbero pubblicamente riconosciuto l’errore di non avergli conferito il Nobel. Gandhi fu però nominato nel discorso di Martin Luther King Jr., che lo vinse nel 1964, e in quello del Dalai Lama, nel 1989, che definì il Mahatma: “il mio mentore”.

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L’indipendenza e l’assassinio

La sua protesta non violenta portò l’India nel 1947 all’indipendenza dall’Impero britannico, uno smacco tanto che Winston Churchill lo chiamò “un fachiro sedizioso che se ne va mezzo nudo”. Suo malgrado, dalle ceneri dell’Impero britannico nacquero due Stati, uno a maggioranza indù, l’India, e uno a maggioranza musulmana, il Pakistan.

La violenza e il fanatismo che ha combattuto per un vita intera, hanno portato alla sua stessa morte: Gandhi rimase infatti vittima il 30 gennaio 1948, quando un estremista indù, che lo considerava troppo tollerante nei confronti dei musulmani, lo uccise con un colpo di pistola.

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Fonti: Treccani / Focus

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