L’ultimo smacco a Mahsa Amini: l’Iran impedisce alla sua famiglia di ritirare il Premio Sacharov

Aveva vinto il Premio Sacharov 2023 per la libertà di pensiero, un riconoscimento assegnato anche al movimento iraniano "Donna, Vita, Libertà", ma ora le autorità di Teheran impediscono alla famiglia di Mahsa Amini di andare a ritirarlo a Strasburgo

Non c’è pace per Mahsa Amini: martedì 12 dicembre, la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, assegnerà il Premio Sacharov 2023 per la libertà di pensiero a Jina Mahsa Amini e al movimento Donna, vita, libertà in Iran. Ma la famiglia di Mahsa non ci sarà.

Al padre, alla madre e al fratello della giovane giovane curda-iraniana, morta l’anno scorso mentre era in custodia della polizia morale per avere indossato il velo “non correttamente”, le autorità iraniane hanno infatti ritirato i passaporti e impedito di uscire dal Paese.

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Come riferiscono Radio Farda e l’attivista iraniana in esilio Masih Alinejad, tutta la famiglia è stata fermata all’aeroporto di Teheran. Da lì, doveva recarsi in Francia a Strasburgo, per ritirare il Premio Sacharov, conferito dal Parlamento europeo quest’anno.

A ottobre, l’Unione europea aveva infatti assegnato a lei e al movimento globale innescato dalla sua morte la più alta onorificenza dell’Eurocamera per i diritti civili. Ma ai familiari è stato vietato di salire sul volo che li avrebbe portati in Francia nonostante avessero il visto – dice Chirinne Ardakani, legale della famiglia. I loro passaporti sono stati confiscati.

Mahsa Amini è divenuta il simbolo di una rivolta senza precedenti nel Paese islamico: dopo la sua morte tantissime sono state le proteste guidate dalle donne iraniane. Lo slogan di matrice curda “Donna, Vita, Libertà” ha accompagnato per oltre un anno le rivolte in strada e nelle piazze di tutto l’Iran minacciando la tenuta stessa dello Stato islamico guidato dagli ayatollah sin dalla Rivoluzione khomeinista del 1979. Ma le cose non sembrano poter cambiare radicalmente. Almeno per il momento.

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