Addio a Lucia Bosè, la musa di Luchino Visconti è morta a Madrid a 89 anni dopo aver contratto il coronavirus. Aveva da tempo problemi di salute.
Addio a Lucia Bosè, la musa di Luchino Visconti è morta a Madrid a 89 anni dopo aver contratto il coronavirus. Aveva da tempo problemi di salute legati a una polmonite interstiziale ed era risultata positiva al tampone. A confermare la notizia della scomparsa, con poche parole, è stato il figlio Miguel su Instagram:
”Cari amici vi comunico che mia madre Lucia Bosè è appena venuta a mancare”.
Le principali testate spagnole parlano di coronavirus, solo El Pais adduce come causa della morte un generico ‘polmonite’. Secondo le testate spagnole era risultata positiva al tampone per il coronavirus. Intramontabile con il suo look eccentrico, Lucia Bosè aveva iniziato la sua carriera artistica sul palco di Miss Italia, dove a soli 16 anni nel 1947, era stata incoronata reginetta d’Italia. Da lì poi il passo verso il mondo della recitazione sotto la direzione di registi come Antonioni, Fellini, Emmer, i fratelli Taviani.
Una vita dedicata allo spettacolo per la ‘ragazza di piazza di Spagna’ che aveva sposato nel 1955 il torero Luis Miguel Dominguin e avuto tre figli: Miguel Bosè, Lucia Dominguin e Paola Dominguin. Il nome di Lucia Bosè è stato sempre associato a quello di Sophia Loren e Gina Lollobrigida, tutte e tre erano le ‘maggiorate’. A scoprire il suo talento era stato Luchino Visconti. Lucia Borloni lavorava come commessa in una pasticceria di Milano e tutto immaginava, tranne che sarebbe diventata una star del cinema.
Dopo la vittoria di Miss Italia, nel 1950 è la protagonista di Non c’è pace tra gli ulivi’ del cinema popolare neorealista d Peppe De Santis, ancora debutta in Cronaca di un amore di Antonioni. Ancora, Luciano Emmer la promuove fra le Ragazze di Piazza di Spagna (1952), Mario Soldati ne scopre la vocazione per la commedia al fianco di Walter Chiari (E? l’amor che mi rovina, con sceneggiatura di Monicelli e Steno) Giorgio Simonelli la porta nel mondo del neorealismo rosa (Accadde al commissariato). Nel 1955 la sua carriera cambia e Lucia Bosè approda in Spagna (Gli egoisti, di Bardem) e poi in Francia (Gli amanti senza domani di Luis Bunuel).
Dopo l’incontro con Dominguin, la sua carriera ha un arresto: il torero la obbliga a lasciare il set e a ritirarsi. Tornerà qualche anno dopo, nel 1968 con l’avvento di una nuova società in un film diretto da Pedro Portabella (Nocturno 29) e poi in Italia coi fratelli Taviani (“Sotto il segno dello scorpione”, 1969). Fellini ne fa un’icona solitaria in Satyricon, Bolognini la elegge a sua musa in ben tre film, da Metello al televisivo La certosa di Parma, la cercano Nelo Risi (La colonna infame), Liliana Cavani (L’ospite), Giulio Questi (Arcana) ma anche Marguerite Duras, Jeanne Moreau, Beni Montresor. È ormai a tutti gli effetti una gran dama del cinema europeo e forse per questo, dopo Cronaca di una morte annunciata (’87) e qualche altra apparizione, decide per la seconda volta di lasciare la scena. Questa volta per sempre, e decide di trasformare un vecchio mulino vicino Segovia in un museo degli angeli dedicato all’arte contemporanea.
Fonte: Tele cinco
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