Un nuovo studio ha analizzato i “longevi” d’Europa e ha evidenziato come negli ultimi 20 anni ci siano state nel vecchio continente delle oscillazioni in merito alla misurazione della longevità, complici la povertà e i cattivi stili di vita
In Italia? Si vive meglio e più a lungo al Nord, mentre il Sud arranca un po’ in fatto di longevità.
Quella che suona essere un’ulteriore conferma della disparità e dell’esistenza di due penisole è un fatto reale (e allarmante): Campania (con Napoli in testa) e Sicilia sono le regioni a più basso tasso di sopravvivenza, e non bastano il sole, il mare e quanto siamo sorridenti. Qui da queste parti si muore prima a causa di stili di vita scadenti, di zone industriali agglomerate nel tessuto urbano (e per una “Terra dei fuochi”, aggiungo io, che è nota in tutto il mondo), di fattori economici davvero miserevoli.
A dirlo è uno studio pubblicato sul ‘Journal of Epidemiology and Community Health‘ che ha analizzato i “longevi” d’Europa e ha evidenziato come negli ultimi 20 anni ci siano state nel vecchio continente delle oscillazioni in merito alla misurazione della longevità, complici la povertà e i cattivi stili di vita.
Una vera e propria “altalena della longevità”, come la chiamano gli esperti, secondo cui, ora, in Europa si vive più a lungo nel nord della Spagna, nel nord-est dell’Italia e nel sud-ovest della Francia, mentre va un po’meno bene per gli abitanti di Paesi Bassi, della Scandinavia e del Regno Unito (qui, in particolare, c’è una delle percentuali più alte di popolazione che vive in aree con una bassa probabilità di invecchiare).
LA RICERCA – I ricercatori hanno analizzato il tasso di sopravvivenza a 10 anni, monitorando se le persone tra 75 e 84 anni hanno raggiunto gli 85-94 in 4.404 piccole aree di 18 Paesi europei. I tassi di sopravvivenza sono stati misurati in 2 periodi: tra il 1991 e il 2001 e tra il 2001 e il 2011 e dal calcolo sono stati esclusi per dati insufficienti Grecia, Cipro, Germania, Irlanda e i recenti membri Ue dell’Europa dell’Est, e inclusi Norvegia, Svizzera, Andorra, Liechtenstein e San Marino, in quanto confinanti con Paesi dell’Unione europea.
In media, nel 2001 la percentuale di uomini di 75-84 anni che sono vissuti almeno altri 10 anni è stata del 27%, per le donne del 40%. Nel 2011 i tassi di sopravvivenza sono aumentati, raggiungendo il 34% tra gli uomini e il 47% tra le donne, con delle distinzioni geografiche.
Per le donne, infatti, nel 2001 si contavano 45 aree di alta sopravvivenza e 35 di bassa. La distribuzione geografica somiglia a quella maschile, con l’aggiunta del Nord-Est dell’Italia (Emilia Romagna e Veneto) tra le regioni virtuose e il Sud della Spagna, Napoli e la Sicilia tra quelle con un basso tasso di sopravvivenza. Nel 2011 le prime sono aumentate a 102, mentre le altre sono diventate 50.
In ogni caso, anche le aree di alta sopravvivenza del Nord-Est d’Italia rispetto al 2001 si sono notevolmente ridotte. “Molti fattori influenzano la longevità, tra cui le circostanze socio-economiche, i geni, gli stili di vita, l’inquinamento e l’accesso alle cure sanitarie – spiegano gli esperti. È probabile che i modelli osservati derivino da una combinazione di 2 tipi di determinanti della salute: la povertà, il che spiega come la longevità bassa si trova in aree come Portogallo, sud della Spagna, Italia meridionale e zone post-industriali, e stili di vita non salutari (per esempio il consumo di tabacco o una dieta non bilanciata), che potrebbe spiegare la presenza di aree a bassa sopravvivenza in zone ricche della Scandinavia o Paesi Bassi”, concludono gli studiosi.
Germana Carillo
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