Lo scandalo del sangue infetto in UK riapre una ferita mai rimarginata qui in Italia

Una storia che rimanda indietro nel tempo, a quando tra gli anni ’80 e ’90 si compì in Italia uno dei peggiori scandali del secolo scorso: quello degli emoderivati infetti. Un fatto agghiacciante e grottesco al tempo stesso, che in Italia causò migliaia di vittime di trasfusione da sangue infetto

Scandalo “sangue infetto”, ma questa volta nel Regno Unito. Già, perché a sentire le notizie che in questi giorni arrivano dall’Oltremanica a molti saranno tornati in mente quegli anni bui in cui dilagò in Italia la paura degli emoderivati. Anche in UK in realtà – negli stessi anni – è accaduta la stessa identica cosa e oggi un’inchiesta indipendente scoperchia il vaso di Pandora.

Dopo sette anni di indagini, infatti, e un rapporto di più di 2mila pagine, nel Regno Unito si è arrivati al giorno della verità per le 30mila vittime di quello che viene definito lo scandalo più grave nella storia della Sanità pubblica britannica e a una condanna senza appello per Infected Blood Inquiry che inchioda le istituzioni britanniche: il ricorso a sangue infetto con il virus dell’Aids e con epatite C fra il 1970 e il 1991 per trasfusioni e varie procedure mediche.

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Una pratica sconsiderata che ha causato più di 3.000 decessi, tra cui molti bambini.

I risultati del rapporto di Sir Brian Langstaff, giudice dell’Alta corte che ha diretto l’inchiesta, sottolineano che “non si è trattato di un incidente”: vari Governi hanno “nascosto la verità” e fornito informazioni errate, tipo che le vittime “avevano ricevuto le cure migliori a disposizione ai tempi“.

Secondo il rapporto finale, inoltre, quei pazienti vennero esposti “consapevolmente a un rischio inaccettabile” dalle strutture dell’Nhs e che si tentò di occultare le prove.

Il rapporto finale dell’inchiesta indipendente prevede ora ben 12 raccomandazioni rivolte alle attuali autorità e un piano di risarcimento immediato delle persone infettate e delle loro famiglie in caso di morte dei pazienti.

Vi ricorda qualcosa?

Lo scandalo degli emoderivati infetti in Italia

Anche in Italia, ngli anni ’80 e ’90, si è scoperto che numerosi pazienti, tra cui emofilici e persone che avevano ricevuto trasfusioni di sangue, furono infettati con virus dell’HIV o dell’epatite C a causa di trasfusioni di sangue e di trattamenti con emoderivati contaminati.

Secondo alcune stime, in Italia i decessi per infezione da emoderivati erano, al 2009, circa 2.600.

Il nostro sistema sanitario fu naturalmente coinvolto in un’ampia indagine che evidenziò carenze nelle pratiche di screening del sangue donato e nell’utilizzo di prodotti sanguigni contaminati. Migliaia di procedimenti civili furono portati avanti da pazienti emofiliaci infettati a causa di trasfusioni di plasma ed emoderivati infetti e nel corso degli anni il ministero della Salute avrebbe versato decine di milioni di euro in risarcimenti.

Quanto ai processi panali, numerose indagini iniziarono a Trento e Roma, per poi confluire a Napoli. Proprio qui,
dopo un lunghissimo procedimento giudiziario, Duilio Poggiolini – all’epoca dei fatti direttore del servizio farmaceutico del ministero della Sanità – è stato assolto nel 2019 dall’accusa di omicidio colposo plurimo nel caso del sangue infetto perché il fatto non sussiste.

Nel gennaio del 2016 una sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo stabilì che lo Stato italiano dovrà pagare oltre 10 milioni di euro per risarcire circa 350 cittadini infettati da vari virus a causa delle trasfusioni.

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