i modi di dire, che rivelano molti aspetti della vita culturale del passato e del presente, vengono pronunciati davvero spesso dai parlanti, soprattutto per l’immediatezza del messaggio che veicolano, perché attirano l'attenzione subito su un immagine. Ma non sempre se ne conoscono le vere origini e le motivazioni, che si perdono nei secoli di storia che ci hanno preceduti. Fanno parte del nostro modo di parlare, li diamo per scontati, anche se, in realtà, nascono per particolari circostanze e costumi. E ce ne sono alcuni davvero “politicamente scorretti”, che si fondano su un principio primo di sopraffazione che l’uomo esercita sugli animali. Che nascono da abitudini e fatti che, a volte, possono rivelarsi davvero crudeli. Noi ne abbiamo individuati 10, i più “incorrect”. Forse bandirli dal nostro “repertorio” linguistico, o trovare un’alternativa, può essere la soluzione per una lingua “cruelty free”.
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Da sempre gli animali hanno una qualche attinenza con proverbi, detti popolari, motti, scherzi ed altre espressioni orali delle comunità, a riprova del loro stretto rapporto con gli uomini. Si dice, ad esempio, “essere una vecchia volpe” per indicare una persona molto esperta, “fare l’anguilla” per chi fugge via da situazioni difficili, “avere una vista d’aquila” per indicare chi ha una vista acuta. E ancora “fedele come un cane”, “cieco come una talpa”, “grasso come un maiale”, “lento come una lumaca”, ecc. Tutti accostamenti che traggono origine da una certa capacità o caratteristica dell’animale in questione. E che chissà quante volte ci sarà capitato di fare.
Perché i modi di dire, che rivelano molti aspetti della vita culturale del passato e del presente, vengono pronunciati davvero spesso dai parlanti, soprattutto per l’immediatezza del messaggio che veicolano, perché attirano l’attenzione subito su un immagine. Ma non sempre se ne conoscono le vere origini e le motivazioni, che si perdono nei secoli di storia che ci hanno preceduti. Fanno parte del nostro modo di parlare, li diamo per scontati, anche se, in realtà, nascono per particolari circostanze e costumi.
E ce ne sono alcuni davvero “politicamente scorretti”, che si fondano su un principio primo di sopraffazione che l’uomo esercita sugli animali. Che nascono da abitudini e fatti che, a volte, possono rivelarsi davvero crudeli. Noi ne abbiamo individuati 10, i più “incorrect”. Forse bandirli dal nostro “repertorio” linguistico, o trovare un’alternativa, può essere la soluzione per una lingua “cruelty free”.
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Avere una gatta da pelare
“Avere una gatta da pelare“, significa impegnarsi in un’impresa difficile. Secondo il linguista G. Luigi Beccaria, trarrebbe la sua origine da un gioco che i condannati mettevano in atto contro i gatti: le mani legate dietro la schiena e con poderosi colpi di testa, noncuranti di graffi e morsi, dovevano ammazzare un gatto legato a un palo. Una storia davvero raccapricciante. Ma allora, perché non dire “avere un fico d’india da pelare”? Non si tratta forse di un’impresa difficile? Sostituito!
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Tagliare la testa al toro
L’espressione “tagliare la testa al toro”, che in senso figurato significa “prendere una decisione drastica”, trae origine da un racconto popolare che narra la vicenda di un toro tanto curioso che un giorno infilò la testa in una giara dalla quale non riuscì più a uscire. Il padrone del toro, un uomo molto avaro, non volendo rompere la giara per liberare l’animale, non trovò altra soluzione se non quella di tagliare la testa al toro. Altra storia orrenda e crudele. Espressione bandita!
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Gallina vecchia fa buon brodo
Allude alla positività della vecchiaia, per via delle molte esperienze accumulate nel corso della vita. Ma fa riferimento anche alla tradizione alimentare italiana del brodo di carne, risultato della bollitura in acqua della gallina, del cappone o del manzo. Noi, ovviamente, preferiamo il brodo vegetale, preparato con tanta buona verdura di stagione: carote, sedano, pomodoro, prezzemolo, cipolla, patate. Altra espressione bandita!
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Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino
“La gatta è così tanto attratta dal lardo, che per ottenerlo rischia di rimetterci una zampa”. Ancora una volta, la lingua italiana se la prende con la nostra povera gatta, usata per prendere in giro chi ha una passione esagerata per qualcosa, una passione tanto incontenibile da mettere a repentaglio la propria incolumità. Eppure il gatto è proprio l’inverso, uno degli animali più attenti e cauti del mondo. Modo di dire bandito!
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In bocca al lupo/Crepi il lupo
Un augurio di buona fortuna, dal valore scaramantico, che si rivolge a chi sta per sottoporsi ad una prova difficile, a cui si risponde con “crepi il lupo”. Le origini di questo modo di dire non sono chiarissime, ma di certo il lupo è nell’immaginario collettivo un nemico cattivo, un animale per eccellenza pericoloso. Per questo l’importante è che, alla fine, “crepi”. Ma noi questo povero lupo, spesso soppresso solo per salvaguardare il bestiame, o perché considerato a torto pericoloso per la popolazione umana, non vogliamo affatto farlo morire, anzi. E allora perché non rispondere a chi ci augura di finire nelle sue fauci “che prosperi e viva a lungo”? Sostituito!
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Non vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso
Ebbene sì, si dice anche questo. Eppure l’orso è una tra le specie a maggior rischio di estinzione, tanto da richiedere interventi urgenti con puntuali strategie di conservazione. Questo mammifero è sempre più minacciato da nuovi insediamenti sciistici e abitativi, dal taglio indiscriminato dei boschi per fare spazio a nuovi terreni agricoli. Ma anche da caccia e bracconaggio. Altro che venderne la pelle, l’orso, bisogna lasciarlo in pace. Bandito!
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Solo come un cane
Questa similitudine deriva dal fatto che un cane tenuto isolato, lontano dai propri simili, come spesso succede ai cani da guardia, è sofferente e ha bisognoso di compagnia. Il cane è, infatti, al pari dell’uomo, un animale sociale, che ha bisogno dei propri simili per sopravvivere. Il concetto di “branco” è, infatti, alla base della società canina: tutti sono orientati verso la massima efficienza, in funzione del benessere del gruppo, con un ferreo rispetto delle regole e delle gerarchie. Questa “necessità di specie” va sempre tenuta presente nella costruzione di una corretta relazione con il nostro amico a quattro zampe. Per questo il cane non va allontanato o isolato durante le nostre socializzazioni. Insomma questo detto, poco “animal friendly”, ci ricorda comunque come comportarci con i migliori amici dell’uomo, fungendo da continuo monito…“Promosso con riserva”!
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Meglio un uovo oggi che una gallina domani
Mai detto fu più “politically incorrect”! Perché le gallinesono gli animali di cui più ferocemente si abusa negli allevamenti intensivi. E, se è vero che le uova destinate alla vendita ed al consumo non sono uova fecondate, il problema è che spesso si ignora la tremenda crudeltà che si cela dietro alla produzione di uova: animali frustrati, ansiosi, tormentati, ammassati in piccole gabbie all’interno di capannoni bui e oscuri. All’età di neppure due anni vengono spediti al macello. Non servono più. Se dalle loro covate nascono pulcini, le femmine vengono allevate per la produzione di uova, mentre i maschi, non considerati “utili”, vengono soffocati, decapitati o tritati vivi. Un quadro orripilante più che sufficiente per eliminare per sempre anche questo modo di dire. Bandito!
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Fare la gatta morta
Chi fa la “gatta morta” finge di non capire, di mostrarsi distratta e ingenua, per poi approfittare e agire a proprio vantaggio. È una persona che maschera la propria natura poco virtuosa sotto un’apparenza dolce, mite e irreprensibile. La tradizione vuole che i gatti fingano spesso di esser morti per poter meglio sorprendere la preda, come raccontano anche Esopo (Favole,13), Fedro (Favole,IV,2) e La Fontaine (Fables,III,18). Ma, in realtà, quest’abitudine, propria di molti animali, non appartiene affatto ai gatti. Insomma, non si tratta tanto di un similitudine “politicamente scorretta”, quanto, sostanzialmente, di un modo di dire completamente sbagliato! “Promosso, ma con riserva”.
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Andare in bestia
Dopo gatti, galline, tori, orsi, lupi e cani, concludiamo la nostra “top ten” con un detto più “generico”, che riguarda tutto il mondo animale. Chi “va in bestia” è preso da un’ira così grande da perdere l’uso della ragione, considerata qui come la caratteristica che distingue l’uomo dagli animali. È adirato, incollerito, infuriato. Ma chi è l’uomo per definire “bestie prive di ragione” gli altri essere viventi? Non è forse l’uomo un animale addomesticato che per secoli ha comandato sugli altri animali con la frode, la violenza e la crudeltà, come diceva Charlie Chaplin? Perché non dire, allora “andare in uomo”? Sarebbe di certo più corretto! Sostituito!
Voi ne avete altri da segnalare?
Roberta Ragni