una tenacia e di una straordinarietà stupefacenti: Liliana Segre spegne oggi 90 candeline e a lei noi formuliamo i nostri migliori auguri.
Novant’anni e una vita tutta da raccontare, fatta degli orrori dell’olocausto e di acerrime privazioni, ma anche di una tenacia e di una straordinarietà stupefacenti: Liliana Segre spegne oggi 90 candeline, a lei formuliamo i nostri migliori auguri. E anche oggi non fa a meno di ricordare il clima di violenza dal quale siamo circondati, riferendosi al 21enne ucciso a Colleferro.
Ebrea, nata a Milano, Liliana Segre è tra i 25 bambini italiani sopravvissuti al lager nazista. Nel corso degli anni non ha smesso un attimo di testimoniare ed è tuttora una delle voci principali della memoria della Shoah. Tra le poche che porta ancora sul braccio il numero di Auschwitz, tre anni fa fu nominata senatrice a vita.
“Mi hanno insegnato che chi salva una vita salva il mondo intero” aveva detto la Segre, qualche tempo fa in un’intervista rilasciata a Che tempo che fa.
E, rivolgendo un pensiero a Willy Monteiro, massacrato di botte dal branco, non fa a meno di sentire un forte senso di responsabilità:
“Questa cosa mi ha fatto molta paura – dice la senatrice nell’intervista di oggi a La Stampa – è stata come una sconfitta personale, mi ha fatto pensare che tutto ciò che ho provato a fare contro la violenza e l’odio, alla fine è servito a poco. Se ancora ci sono in giro persone che pensano di risolvere le proprie sconfitte personali picchiando il prossimo, siamo ancora in una società lontana dalla civiltà”.
“Siamo alle prese con un problema di mentalità fascista che ancora ci pervade e da cui non facciamo mai abbastanza per liberarci. Questa storia è un naufragio della civiltà su cui dovremmo riflettere seriamente”.
“Il pestaggio di quel ragazzino mi ha suscitato tormenti e ricordi terribili. L’ho trovata una barbarie assoluta”, continua Liliana Segre, la cui storia è racchiusa in Sopravvissuta ad Auschwitz, un libro che racconta tutta la drammaticità della sua vita nel campo di concentramento.
“Vivevamo immersi nella zona grigia dell’indifferenza. L’ho sofferta, l’indifferenza. Li ho visti, quelli che voltavano la faccia dall’altra parte. Anche oggi ci sono persone che preferiscono non guardare”.
E da qui dovremmo ripartire, cara Liliana, da quella indifferenza latente ma percettibilissima, da quell’odio di cui lei stessa – ancora oggi – è oggetto, figlio di una pericolosa ignoranza. Dovremmo chiederci il perché e come siamo arrivati fin qui, al punto in cui troppi non risparmiano parole negative, nella falsa illusione di una contorta “libertà di pensiero” ridotta in realtà a mera occasione di insulti e invettive. Siamo cattivi ancora, cara Liliana, e a volte pare proprio che la storia non ci abbia insegnato nulla, in un dannato girone di quei “corsi e ricorsi storici” di cui sono piene le pagine del mondo intero. Gli atti di violenza sono all’ordine del giorno, ne sono inondati i nostri figli, ne sono inondati tantissimi genitori. E nella forma più subdola possibile.
Buon compleanno signora Segre! Che la sua parola arrivi alle orecchie di chi non vuol ascoltare.
Fonte: La Stampa
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