Lievito a rischio? Sì, i rincari delle materie prime e la guerra in Ucraina ne mettono a rischio la produzione

Il melasso, indispensabile per realizzare il lievito, presto introvabile: il rischio di uno stop della produzione di pane, pizza e prodotti dolciari sembra vicino. L’Italia sconta anche il numero esiguo di zuccherifici. Tra il 2008 e il 2018 hanno chiuso 16 stabilimenti su 19

Prima i rincari delle materie prime, poi le conseguenze sulla logistica e infine lo scoppio e il perdurare della guerra sul territorio ucraino stanno producendo conseguenze a vario livello. Se i primi allarmi erano arrivati in merito agli approvvigionamenti di grano e mais, oggi si guarda con attenzione alla scarsità di melasso da zucchero alla base del lievito. Il settore potrebbe fermarsi e a dichiaralo è Paolo Grechi, presidente del Gruppo Lievito di ASSITOL:

A causa dei continui rincari e con l’impossibilità di rifornirsi di azoto e fosforo, il nostro timore è che, entro qualche settimana, saremo costretti a fermare le nostre imprese, mettendo a rischio non soltanto la panificazione artigianale e la pasticceria, ma tutta l’industria dolciaria.

Le criticità per i prodotti lievitati

Questo è un comparto che sconta due criticità: da un lato il rincaro della bolletta energetica che va a incidere pesantemente anche sulle aziende produttrici di lievito che necessitano di un alto quantitativo di energia. Dall’altro la presenza di poche realtà nazionali collegate utili alla produzione di elementi del lievito: fosforo e azoto, che permettono la moltiplicazione di questo microrganismo vivente, e poi del melasso da zucchero. Quest’ultimo viene importato in gran parte dal Brasile, che per via del maltempo ha ottenuto una minore quantità rispetto a quelle usuali, e dall’India che sta convertendo parte di questo raccolto al bioetanolo.

Melasso e zuccherifici, due rarità

Il melasso è il risultato di un processo naturale noto come fermentazione dello zucchero, è quindi un dolcificante naturale che deriva dalla lavorazione della canna da zucchero o dalla barbabietola. La consistenza è quella di uno sciroppo scuro, colloso e denso, utilizzato per l’appunto nell’industria alimentare come additivo. Il problema riguarda senza dubbio tutta l’Europa ma in Italia c’è un altro dato da considerare ovvero la carenza di zuccherifici. Nel 2018 si era parlato ampiamente della “crisi dello zucchero” certificata dalla chiusura di 16 zuccherifici su 19 avvenuta nell’arco di 10 anni. Le quote europee della coltivazione da barbabietola da zucchero, fino a quel momento racchiusa in Italia soprattutto tra le campagne padovane e bolognesi, e la concorrenza non sempre leale sul fronte dei prezzi ha fatto il resto.

Ritorno alla coltivazione è possibile?

Sebbene non siano ancora aumentati in numero degli zuccherifici, in alcune regioni si sta cercando di accrescere la produzione della barbabietola da zucchero. Le Marche, soprattutto nelle provincie di Fermo e Ascoli, hanno già destinato da un paio di anni diversi terreni a questa coltura. L’area veneta del Polesine in provincia di Rovigo, si sta attivando per avviare in modo stabile una filiera 100% italiana. E poi c’è il positivo impatto ambientale: come riporta Coldiretti un ettaro di barbabietole assorbe CO2 a pari di un bosco.

Storie di panificatori ucraini

Tra chi sta già pagando il prezzo altissimo di questa guerra e sconta, ora, anche la mancanza di lievito sono i panificatori in Ucraina come Igor Mezencev. Era solito sfidare altri chef stellati nelle foreste dove provare a realizzare piatti di alta cucina solo con quattro ingredienti portati da casa come sale, zucchero, aceto e olio. La vita è cambiata improvvisamente il 24 febbraio: con le sue stories via Instagram, diventate un diario pubblicato sull’Observer, ha raccontato come continuare a fare il pane l’ha aiutato a restare calmo, a trovare un equilibrio precario in un tempo cadenzato da bombardamenti e sirene per ripararsi nei bunker. In mancanza di materie prime aveva usato semole di grano saraceno non tostato; ora con le ultime riserve di lievito sta provando con la farina di frumento. Ma quello che vorrebbe è solo la fine della guerra.

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Fonti: Assitol/Coldiretti Rovigo

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