L’elogio della neomamma laureata con le doglie in corso è solo l’ultimo pericoloso inno alla performatività

Sta rimbalzando sui social e giornali la notizia della 24enne che si è laureata con le contrazioni in corso per poi diventare mamma poco dopo. Ma dietro il modo in cui è stata narrata la vicenda, dipingendo Benedetta Santoro come un'eroina da lodare per il suo doppio traguardo, c'è qualcosa che stona. La nostra riflessione non vuole essere affatto una critica nei suoi confronti, ma uno spunto sulla nostra società, dove la performance va prima di tutto (persino della felicità e della nostra salute...)

Nell’arco della stessa giornata è riuscita a laurearsi e a diventare mamma. È accaduto qualche giorno fa a Pieve Santo Stefano (Arezzo): protagonista della storia la 24enne Benedetta Santoro, le cui foto – con la corona d’alloro in testa in ospedale accanto alla sua bambina appena nata – stanno rimbalzando sulle testate italiane, accompagnate da frasi cariche di entusiasmo come “doppia vittoria”.

Benedetta, iscritta in Servizio Sociale all’Università di Perugia, aveva già discusso online la sua tesi un paio di settimane prima. Ma lo scorso martedì si è dovuta recare nella sede della sua facoltà per la proclamazione ufficiale. Appena arrivata, ha iniziato ad avvertire le doglie che si sono poi trasformate in contrazioni. Così, la commissione di laurea ha deciso di cambiare la scaletta e darle la precedenza.

Subito dopo essere stata proclamata dottoressa in Servizio Socialie, insieme al compagno Davide, è corsa in macchina per raggiungere l’0spedale di Città di Castello, dove qualche ora dopo è nata la sua prima bimba: la piccola Vittoria.

La sua storia ha fatto il giro d’Italia attraverso giornali e i social. “Si laurea con le doglie e partorisce poco dopo” titolano i quotidiani, congratulandosi con la ragazza, dipinta come un’eroina e parlando di una “doppia vittoria”, facendo un gioco di parole con il nome della figlia.

Nelle ultime ore la giovane è stata sommersa da una valanga di messaggi di auguri e di complimenti per quei due importanti traguardi. A congratularsi con Benedetta anche il premier Giorgia Meloni, che le ha voluto dedicare un post su Facebook in cui scrive:

Che immagine meravigliosa. Congratulazioni a questa coraggiosa neomamma per il doppio traguardo. E i miei migliori auguri di buona vita alla piccolina.

Quando la narrazione giornalistica diventa tossica (e pericolosa)

Per l’Italia Benedetta è diventata a tutti gli effetti un’eroina. Ma c’è qualcosa dietro questa narrazione che non è del tutto sano. Solo qualche giorno fa era diventata virale la notizia (che ha poi sollevato un polverone) di Carlotta Rossignoli, modella e influencer veronese che è riuscita a laurearsi a soli 24 anni in Medicina. Anche in questo caso, la ragazza era stata elogiata per essere una sorta di prodigio, che sacrificava anche il sonno – che lei stessa ha definito “tempo perso in un’intervista – pur di avere successo nella vita.

Ma qual è il nesso fra le due vicende? A primo impatto potrebbe sembrare inesistente, invece c’è (eccome!). Si tratta di due giovani donne che hanno dimostrato di essere in grado di farcela, a costo di sacrifici molto pesanti, quasi disumani o meglio degni di supereroine: Carlotta è disposta a dormire pochissimo per studiare e primeggiare senza  abbandonare le sue passioni, mentre Benedetta si è recata di persona nella sua facoltà, nonostante il parto imminente, pur di riuscire a laurearsi.

Naturalmente, nel caso della studentessa di Pieve Santo Stefano si è trattato più di una scelta estrema imposta dalla situazione, visto che se non si fosse presentata all’università si sarebbe ritrovata a ottenere la laurea soltanto agli inizi del prossimo anno.

“Sapevamo benissimo che il tempo della gestazione per Benedetta era scaduto e il parto sarebbe stato vicino, però se avesse saltato l’appuntamento la data successiva sarebbe stata a febbraio e abbiamo deciso di provarci. C’era stato un ’avvertimento’ intorno alle 5 di mattina, non tale da far presagire il travaglio” ha spiegato il compagno Davide ai microfoni del quotidiano La Nazione. 

Ma c’è un filo rosso che lega i due casi, apparentemente lontani: l’inno alla performatività, che può avere conseguenze disastrose. Narrazioni giornalistiche come quelle che riguardano la vicenda di Benedetta e Carlotta possono diventare, infatti, tossiche e pericolose.

Viviamo nella società della performance, in cui ognuno deve dimostrare di essere in una continua corsa per raggiungere un traguardo, in cui ognuno vive perennemente nella sensazione di non aver fatto abbastanza e di dover spingersi sempre un po’ più in là per emergere, per farsi notare, mettere a segno un record.

Ci muoviamo in un’era in cui siamo costretti a sgomitare l’uno contro l’altro per salire su un podio e, una volta raggiunto quel gradino, quella vittoria non ci basta più. Siamo irrequieti, frustrati e alla costante ricerca di consenso perché l’ordinarietà (anche se in molti casi fa rima con felicità) non fa notizia. Corriamo, corriamo, corriamo. Ma verso dove?!

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Fonte: Università degli Studi di Perugia

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