Le violenze al Beccaria ci ricordano che la situazione nelle carceri minorili non è proprio quella di “Mare Fuori”

C’è anche una tentata violenza sessuale tra i reati contestati agli agenti della Polizia penitenziaria del carcere minorile Beccaria e arrestati a Milano: tra le altre accuse tortura, lesioni e maltrattamenti. Se il carcere nasconde terribili insidie, torture, tentate violenze sessuali, lesioni, proprio quelle dalle quali ci si vuole tutelare e/o dare “insegnamenti”, così com’è allo stato attuale, in Italia, possiamo decretarne il fallimento

Tra quelle mura a ridosso del Golfo di Napoli, quei giovani hanno la possibilità di riscattarsi, ritrovare una via, cambiare, tornare a navigare in un mare – fuori – di possibilità. Romanzato, certo, e anche un po’ poetico, ma rimane pur sempre un carcere.

Ma il pensiero a Mare Fuori, la serie italiana cult degli ultimi tempi, stamattina è stato rapido e spontaneo: se è vero come è vero che un carcere nasconde spesso delle insidie – torture, tentate violenze sessuali, lesioni – che sono proprio quelle dalle quali ci si vuole tutelare, allora oggi possiamo decretarne il fallimento.

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Non che in altri casi ci sia una giustificazione, ma quando a perpetrare maltrattamenti sono alcuni agenti della Polizia penitenziaria, due domande ce le si deve porre. E non è fiction, ahinoi, ma cronaca delle ultime ore.

È accaduto, infatti, che nel carcere minorile Beccaria di Milano ci siano state violenze e torture almeno dal 2022 su alcuni minori detenuti da parte – proprio – di agenti della Polizia penitenziaria. Tredici sono finiti in gattabuia e altri otto sono stati sospesi.

Già “carcere minorile” pare un ossimoro, già si fa fatica a pensare che a privare della libertà in luoghi già fallimentari e deprimenti di loro (perché a parte rare eccezioni è questa la condizione delle galere italiane, e ne abbiamo le cronache piene), aggiungiamoci poi anche gli abusi da chi deve sorvegliare e proteggere in qualche modo quei ragazzi.

Gli arresti sono scattati nelle scorse ore nell’operazione della Polizia di Stato e del Nucleo Investigativo Regionale per la Lombardia della Polizia Penitenziaria, coordinati dalla Procura della Repubblica di Milano.

I reati a vario titolo contestati sono quelli di maltrattamenti in danno di minori, anche mediante omissione, aggravati dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di tortura; concorso nel reato di lesioni in danno di minori; concorso nel reato di falso ideologico e infine una tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto.

Leggiamole bene quelle parole: significano che non c’è alcuna guardia che sia un volto amico, nessuna parola di riscatto, remissione, nessuna presa di consapevolezza né di coscienza. Quel mondo lì è lontano anni luce da Mare Fuori, quel mondo lì è fatto di gente che si toglie la vita, di omicidi e di violenze.

L’indagine, partita da alcune segnalazioni, pervenute all’Autorità giudiziaria anche attraverso il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, è stata sviluppata attraverso intercettazioni e acquisizioni di telecamere interne all’istituto. E non osiamo immaginare che terrore.

Intanto, la polizia e il nucleo investigativo regionale della Lombardia della Penitenziaria, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tredici agenti e la sospensione per altri otto.

La notizia delle indagini arriva nel giorno in cui l’associazione Antigone presenta il rapporto sulla situazione delle carceri in Italia: solo dall’inizio dell’anno, 29 detenuti si sono tolti la vita in carcere con una media di 1 ogni 3 giorni secondo i dati del rapporto Nodo alla gola.

Il carcere come strumento di riabilitazione… Sicuri?

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