La sentenza shock sul terremoto de L’Aquila è uno schiaffo alle vittime della tragedia

La sentenza sulle vittime del sisma de L'Aquila, che prevede il taglio dei risarcimenti per concorso di colpa, ha lasciato esterefatti e sconcertati i cittadini abruzzesi. "Siamo tre volte vittime dello Stato" commenta con l'amaro in bocca una delle persone sopravvissute, che ha perso la figlia 25enne sotto le macerie la drammatica notte del 6 aprile 2009

Oltre il danno e un dolore immenso, anche la beffa. La sentenza, arrivata un paio di giorni fa, che riguarda alcune delle vittime del terremoto de L’Aquila è stata una doccia gelata per la popolazione abruzzese, che convive con una ferita che non si è mai rimarginata.

Per il giudice, infatti, le persone che hanno perso la vita nella notte del 6 aprile 2009 a seguito del crollo dell’abitazione di Campo di Fossa hanno avuto una “condotta incauta” per non aver abbandonato la casa dopo le prime due scosse, a cui è seguito il sisma più forte  delle 3.32, che ha seminato morte e devastazione nel capoluogo d’Abruzzo. Alla luce del concorso di colpa, il Tribunale de L’Aquila ha deciso di tagliare i risarcimenti nei confronti dei proprietari del palazzo crollato.

Nello specifico, il Tribunale ha attribuito il 40% delle responsabilità al costruttore, il 15% ciascuno al ministero dell’Interno e a quello  delle Infrastrutture e Trasporti, mentre il 30% della colpa di quanto accaduto è stata imputata alle vittime stesse. Una sentenza assurda e sconcertante che ha sollevato un polverone di rabbia e indignazione in tutta Italia, in particolare fra i sopravvissuti a quel terribile terremoto che è costato la vita a ben 309 persone.

Una sentenza sconcertante per le vittime e i sopravvissuti al terremoto

Siamo tre volte vittime dello Stato – commenta in preda allo sconcerto Maria Grazia Piccinini, avvocata di Lanciano (Chieti), che in quel sisma ha perso la figlia 25enne. – Una volta perché non ci ha protetto e ci ha disinformato, un’altra perché ci aggredisce con chi non si vuole assumere la sua responsabilità e infine perché c’è chi consolida tutto questo e lo rende sentenza.

Ai microfoni del quotidiano Abruzzoweb la donna ha ripercorso quei momenti dolorosi legati al sisma. “Più leggo la sentenza e più ci leggo della cattiveria” ammette.

La causa era finita ad aprile 2021, un anno e mezzo di attesa mentre nel frattempo sono andate avanti tutte le altre. Questo concorso di colpa l’ha applicato solo a questa causa, non a tutti gli altri morti in casa mentre dormivano. – prosegue – La storia di tutte le rassicurazioni si conosceva, non so perché c’è voluto tutto questo tempo per la sentenza e con questo risultato poi, non è normale. Una sentenza diversa da tutte le altre sui risarcimenti, tutte senza concorso di colpa.

Qui ci vedo la cattiveria, perché lì c’era Ilaria e noi abbiamo fatto anche la causa alla Commissione Grandi rischi. È stata colpita Ilaria e chi stava insieme a noi nella causa di risarcimento, altri 5 ragazzi. Il giudice ha poi stralciato la posizione di due persone, due sorelle, perché sostiene che si è perso il fascicolo di parte.

Maria Grazia Piccinini non ha intenzione di accettare passivamente la sentenza emessa dal Tribunale de L’Aquila e fa sapere che è pronta a preparare l’appello insieme ad altre due famiglie.

“Come avvocato dovrei essere pronta a sopportare anche queste cose, ma certe volte sono così inspiegabili che ti sconvolgono. Per quanto una persona possa essere preparata non è mai pronta a subire tutto questo” conclude.

Sulla grave vicenda è intervenuta pure l’associazione Legambiente, fin dal primo momento impegnata sul territorio abruzzese nei processi di ricostruzione.

La sentenza arrivata in sede civile del Tribunale de l’Aquila ci coglie con un misto di sdegno e stupore. – dichiarano Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo e Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – Chiunque abbia negli occhi il dolore e la forza con cui il capoluogo abruzzese ha reagito nell’emergenza del sisma del 2009 e poi nel processo di ricostruzione materiale e sociale, può solo condividere e rispettare la rabbia dei familiari delle vittime e della città intera: pur nella considerazione che sempre si deve alla magistratura, la decisione attribuisce alle vittime una responsabilità di autodeterminazione rispetto a rischi e conseguenze francamente imponderabili da un singolo.

Spiace constatare come dopo la sentenza sulla Commissione Grandi Rischi, si continui a sfibrare il rapporto tra Stato e cittadini nella gestione delle emergenze, soprattutto in un momento storico in cui, considerando il ripetersi di eventi estremi sui nostri territori, tale rapporto invece dovrebbe essere alimentato da fiducia, coordinamento e collaborazione, soprattutto nell’ ottica della prevenzione.

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Fonte: Legambiente

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