Disinformazione e fake news e ora anche l’intelligenza artificiale le minacce crescenti per il giornalismo. Un giornalismo che, in questo modo, non fa che rimanere semplicemente a galla, in mezzo a cavillose instabilità politiche e sociali che tentano di reprimerlo fortemente. Risultato? La libertà di stampa è in agonia. Ovunque
La situazione è “molto grave” in 31 Paesi, “difficile” in 42 e “problematica” in 55, mentre è “buona” o “abbastanza buona” in 52 Paesi. In altre parole, le condizioni per esercitare il giornalismo sono scarse in 7 Paesi su 10 e soddisfacenti solo in 3 Paesi su 10.
È questo il quadro avvilente che emerge dall’edizione 2023 del World Press Freedom Index, che ogni anno valuta le condizioni per praticare il giornalismo in 180 Paesi e territori del mondo e pubblicata oggi in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, istituita per ricordare ai Governi il loro dovere di sostenere la libertà di espressione.
Tuttavia, l’ambiente per il giornalismo oggi è considerato “cattivo” in mezzo mondo, secondo il gruppo di Reporters Sans Frontières (Rsf) che ha commissionato l’indagine. Tutto ciò a corollario del dato secondo cui – in base ai numeri dell’ONU – l’85% delle persone vive in Paesi in cui la libertà dei media è diminuita negli ultimi cinque anni.
Dunque? I rapidi progressi tecnologici stanno consentendo ai Governi e agli attori politici di distorcere la realtà e i contenuti falsi sono oggi più facili da pubblicare che mai.
La classifica, l’Italia ferma al 41esimo posto
La Norvegia mantiene il primo posto per il settimo anno consecutivo. Al secondo posto si piazza l’Irlanda (2°; +4), davanti alla Danimarca (3°; -1). I Paesi Bassi (6°), che hanno guadagnato 22 posizioni, riconquistano la posizione che occupavano nel 2021, prima dell’assassinio del giornalista Peter R. de Vries.
Il nostro Belpaese è fermo da un paio di anni a questa parte al 41esimo posto: prima di noi ci sono Argentina, Montenegro e Macedonia del Nord. E per intenderci Paesi come il Sud Africa sono al 25esimo posto o Namibia al 22esimo.
Anche la parte inferiore della classifica sta subendo dei cambiamenti. L’ultimo trio è composto esclusivamente da paesi asiatici : Vietnam (178°), che ha completato la sua caccia a giornalisti e commentatori indipendenti; Cina (179°; -4), la più grande prigione per giornalisti al mondo e una delle principali potenze esportatrici di contenuti di propaganda; e la Corea del Nord (180°).
Il World Ranking dimostra l’esistenza di un’altissima volatilità delle situazioni, con rialzi e ribassi significativi, variazioni senza precedenti, ad esempio l’ascesa di 18 posizioni per il Brasile e la caduta di 31 posizioni per il Senegal. Questa instabilità è l’effetto di una maggiore aggressività del potere in molti paesi e di una crescente animosità nei confronti dei giornalisti sui social network e nel mondo fisico. La volatilità è anche il prodotto della crescita dell’industria fittizia, che dà forma e distribuisce la disinformazione e fornisce gli strumenti per produrla, spiega Cristophe Deloire, Segretario Generale di RSF.
La libertà di stampa in Europa all’ombra della guerra in Ucraina
La guerra in Ucraina avrebbe consentito al Cremlino di avviare l’operazione finale nel 2022 per “ripulire” il panorama mediatico russo. La censura sistemica e l’esodo forzato dei media indipendenti russi e poi stranieri liberano lo spazio per la diffusione di una propaganda coordinata da parte dei media filogovernativi. Il divieto dei social network occidentali avvantaggia la piattaforma Telegram, il cui pubblico in Russia (164°) è più che raddoppiato in un anno. Mezzo privilegiato di trasmissione di media indipendenti per aggirare la censura, è stato ampiamente investito dalle reti di propaganda, alcuni canali tracciando anche i movimenti di giornalisti stranieri, assimilati a spie.
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L’ombra dell’aggressione russa incombe su tutta l’area, in particolare sulla Bielorussia (157°) ora sotto il suo controllo. La classifica è segnata da un vistoso deterioramento della situazione della libertà di stampa in Asia centrale, con un notevole calo di 50 posizioni dal Kirghizistan (122°).
C’è più rosso sulla mappa di RSF quest’anno che mai, poiché i leader autoritari diventano sempre più audaci nei loro tentativi di mettere a tacere la stampa, ha detto al Guardian Deloire. La comunità internazionale deve prendere coscienza della realtà e agire insieme, in modo deciso e rapido, per invertire questa tendenza pericolosa.
Il rischio che corriamo, quindi, è che la differenza tra vero e falso, tra reale e artificiale, fatti e artifici si offuschi sempre di più, mettendo a repentaglio il diritto all’informazione. Oggi si è tutti più o meno capaci di manomettere contenuti e immagini, indebolendo il giornalismo di qualità.
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Fonti: RSF / The Guardian
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