L’Italia è il paese che investe meno in istruzione in tutta Europa (Grecia a parte)

In Italia, la spesa pubblica per l’istruzione è stata (nel 2015) di 67,4 miliardi di euro. Troppo poco rispetto agli altri Paesi Ocse.

Quanto spendiamo in istruzione? Poco o niente. Mentre gli altri Paesi puntano all’accrescimento del livello culturale dei propri cittadini, l’Italia resta pericolosamente indietro. Colpa anche (e soprattutto) di una spesa pubblica per l’istruzione a livelli decisamente inferiori rispetto a quelli della maggior parte dei membri dell’Ocse.

Così, se alla luce di ciò non dobbiamo meravigliarci se i nostri ragazzi nemmeno leggono più libri, dall’altro viene fuori che il sistema istruzione – che dappertutto dovrebbe essere uno dei principali fattori di progresso sociale e sviluppo economico di una nazione – da noi fa acqua da tutte le parti.

A parlare chiaro è una ricerca dell’Ocse rilanciata dal Sole24Ore nei giorni scorsi: la spesa pubblica per l’istruzione è stata di 67,4 miliardi di euro (pari al 4,1% del Pil e all’8,1% della spesa pubblica), valori più bassi rispetto a quelli della maggior parte dei paesi dell’Ocse. Si consideri, infatti, che in Germania sono rispettivamente 4,5 e 10,3, in Francia 5,5, e 9,7, in Inghilterra 5,7 e 13,1, in Spagna 4,2 e 9,5. Soltanto la Grecia e alcuni dei paesi dell’Est stanno messi peggio di noi.

L’analisi dell’Ocse

L’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che raggruppa una quarantina di Paesi nel mondo, ha scattato un’interessante fotografia dello stato di salute diversi sistemi formativi attraverso l’annuale Education at a glance 2018.

Quanto al semplice livello di istruzione della nostra popolazione, risulta ancora troppo basso quello dei 25/64enni italiani: il 4% con la laurea triennale, contro il 17% dei paesi Ocse; il 18,7% di laureati contro il 33%. Nel 2017, l’Italia conta solo 27 giovani di 25/34 anni su 100 con una laurea, contro una media Ocse del 44%, superando solo il Messico. E tra i due generi sono i maschi i responsabili di questo disastro: nel 2017, meno laureati delle donne (20 per cento contro 33 per cento) e pochissimi progressi negli ultimi dieci anni. Così in Italia la quota di laureati che lavora è tra le più basse al mondo: appena l’81%.

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Quanto all’educazione permanente, in Italia soltanto 25 italiani su 100 studiano e si aggiornano anche in età adulta (mentre la media Ocse si attesta sul il doppio). Numeri non confortanti nemmeno sul fronte dell’equità del sistema scolastico: 3% di bocciati alla scuola media e il 7% alle superiori (contro le rispettive medie internazionali che sono rispettivamente del 2 e del 4%), ma quello italiano appare come uno dei sistemi di istruzione più equi perché 71 ragazzi su 100 con genitori non laureati continuano gli studi universitari dopo il diploma, contro una media Ocse del 47%.

Quanti soldi i nostri governi danno al sistema scuola? Note dolenti: l’Italia spende mediamente meno degli altri Paesi, sia in dollari Usa equivalenti per studente (il 28% in meno dei paesi Osce) sia in percentuale al Pil: uno studente italiano paga in tasse mediamente mille e 647 dollari (equivalenti) a testa e soltanto in 20% ricevono un supporto economico, come una borsa di studio. In Finlandia non esistono tasse universitarie e il 55% degli studenti riceve un sussidio.

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Infine, in media, gli alunni italiani passano in classe lo stesso tempo, quantificato in ore, a scuola dei compagni che frequentano nei paesi Ocse. E gli insegnanti italiani? Guadagnano in media dal 7 al 12%, in base al livello di istruzione in cui insegnano, all’ingresso in cattedra; divario che si allarga al 25% a metà carriera.

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