Gravissime le accuse nei confronti di un centro detentivo per immigrati irregolari Usa. Alcune donne sarebbe state sottoposte ad isterectomia
Il Messico indaga sulla presunta sterilizzazione di donne messicane in un centro di detenzione della Georgia (Usa). Una grave violazione dei diritti umani che, se confermata, non può e non deve passare sotto silenzio.
Ogni anno, migliaia di messicani e centroamericani si mettono in viaggio verso il Nord con l’obiettivo di arrivare negli Stati Uniti per avere la possibilità di un futuro migliore. Purtroppo spesso questa rimane solo una speranza, molti di loro infatti vivono una serie di inconvenienti durante il percorso e, anche quando arrivano a destinazione, nella maggior parte dei casi trovano ad aspettarli le celle dei centri di detenzione per immigrati irregolari.
Proprio in uno di questi si sarebbero verificate delle gravissime violazioni dei diritti umani. In particolare è emersa la possibilità che alcune donne migranti siano state sottoposte ad una forzata isterectomia, tecnica chirurgica che comporta l’asportazione dell’utero con l’intento evidente, in questo caso, di renderle sterili.
In particolare, questi fatti gravissimi sarebbero avvenuti nel centro di detenzione per migranti sotto la supervisione del Servizio di immigrazione e dogana degli Stati Uniti (ICE, per il suo acronimo in inglese) a Irwin in Georgia.
Una situazione che fa rabbrividire e sulla quale inevitabilmente sono scattate indagini e controlli. E non si indaga solo dal Messico, anche più di 170 membri del Congresso americano, tra cui la presidente Nancy Pelosi, hanno chiesto un’indagine immediata:
“Se fosse vero, le condizioni deplorevoli descritte nei documenti del denunciante – comprese le accuse secondo cui le donne immigrate vulnerabili sono state sottoposte a isterectomie massicce – sarebbero uno scioccante abuso dei diritti umani”, ha dichiarato la Pelosi.
Il ministero degli Esteri Messicano (SRE), attraverso i Consolati Generali del Messico ad Atlanta e El Paso, ha fatto sapere in un comunicato stampa di aver attivato “meccanismi di protezione consolare” e di stare seguendo la situazione, mantenendo i contatti con l’organizzazione Project South, cioè quella che ha denunciato le “isterectomie non autorizzate” ai danni di queste donne migranti.
La denuncia di 27 pagine presentata da Project South, ma anche da altre associazioni della Georgia che si battono per i diritti umani, si basa in gran parte sulle testimonianze di un’infermiera che ha lavorato presso l’Irwin Detention Center nel sud dello stato americano, che ha raccontato particolari agghiaccianti.
Le donne sarebbero state sottoposte agli interventi per la rimozione dell’utero senza comprendere pienamente cosa stava accadendo o senza il loro consenso. Il dossier descrive le procedure mediche ordinate o intraprese da un ginecologo della struttura in Georgia.
?La SRE activa mecanismos de protección consular ante presuntas irregularidades en centros de detención en EE.UU.https://t.co/868MOT8xzs pic.twitter.com/Go8olk97kA
— Relaciones Exteriores (@SRE_mx) September 16, 2020
La SRE ha già contattato 6 donne messicane che sarebbero state sottoposte a tale pratica barbara senza consenso negli Usa. In una conferenza stampa il ministro degli Esteri messicano, Marcelo Ebrard, ha dichiarato:
“Abbiamo già contatti con sei delle (donne) che potrebbero essere state sottoposte a questo tipo di procedura. (…) Ovviamente è inaccettabile (..) Se fosse confermato, il caso non può essere solo sanzionato, merita altri seri provvedimenti”.
Al momento si parla di 6 donne ma, come hanno precisato le autorità, il numero potrebbe essere più alto. Tra l’altro, una delle donne migranti chiuse nel centro detentivo finito al centro dello scandalo, intervistata da Project South, come riporta El Pais, ha paragonato questo luogo “a un campo di concentramento dove si effettuano esperimenti su esseri umani“. “Ci usavano come cavie” ha aggiunto.
Ci auguriamo che venga fatta piena chiarezza su tali presunte atrocità e che, una volta confermate, vengano severamente puniti i responsabili.
Fonti: El País / New York Times / Gobierno de Mexico
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