Gli indigeni Kayapo bloccano le autostrade contro Bolsonaro

Gli indigeni Kayapo chiedono al governo brasiliano maggiore protezione nell'emergenza sanitaria e lo stop alla deforestazione

Dozzine di indigeni Kayapo stanno manifestando da cinque giorni bloccando un’importante strada nell’Amazzonia brasiliana per chiedere al governo azioni contro il covid e contro la deforestazione.

Gli indigeni, indossando copricapi di piume colorate, armati di frecce ed archi e dipinti di nero per manifestare il loro dolore, hanno eretto barricate con pneumatici e tronchi d’albero per bloccare l’arteria principale della zona.

I leader Kayapo accusano il governo per i contagi e per le morti nelle loro tribù e lamentano la scarsità di medici, personale sanitario, strutture ospedaliere adeguate nelle vicinanze e dispositivi di protezione che possano proteggerli dal contagio.

Secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute brasiliano, il coronavirus avrebbe infettato circa 20.000 indigeni, uccidendone almeno 338.

L’associazione APIB, basandosi su statistiche ufficiali e sui dati in possesso dei leader indigeni, ritiene invece che i contagi siano superiori ai 25mila e che gli indigeni uccisi dal virus siano 678.

Oltre a chiedere maggiore protezione e assistenza per gestire l’emergenza sanitaria, i Kayapo stanno protestando per gli incendi e la deforestazione che devastano l’Amazzonia per fare spazio ad agricoltura, allevamento e attività estrattive.

Inoltre, gli indigeni chiedono un risarcimento per la costruzione di una strada nel loro territorio e pretendono che il governo Bolsonaro chieda il loro parere in merito a un progetto ferroviario che interesserebbe la loro terra destinato al trasporto di soia e mais.

Il governo per il momento sta ignorando la protesta, ma gli indigeni assicurano che non libereranno la strada fino a che le autorità non andranno da loro a negoziare.

Nel frattempo i Kayapo cantano e ballano sotto gli occhi dei camionisti apparentemente rassegnati a rimanere bloccati con i loro carichi di soia e mais per un tempo indefinito.

Fonti di riferimento: New York Post/Paris Match

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