In Māori l’ADHD si dice “aroreretini”, ovvero “l’attenzione va a molte cose”, valorizzando le loro abilità (e non etichettandoli come “diversi”)

Un altro grande insegnamento dai Māori che descrivono l’ADHD come “aroreretini” che significa “l’attenzione va a molte cose”. Una prospettiva che valorizza la loro abilità a cogliere stimoli da più fronti, piuttosto che enfatizzarne le difficoltà

L’ADHD, o disturbo da deficit di attenzione e iperattività, viene descritto nella cultura ccome “aroreretini” che significa “l’attenzione va a molte cose”. Questo termine rispecchia il modo in cui le persone con ADHD sperimentano il mondo, non limitandosi a un solo focus ma spostandosi tra vari interessi con curiosità.

Piuttosto che enfatizzare le difficoltà legate all’ADHD, questa prospettiva valorizza l’abilità di cogliere stimoli da più fronti, contribuendo a una forma di creatività e intuizione. Nella visione Māori, quindi, “aroreretini” invita a vedere l’ADHD come una variante naturale della neurodiversità, dove la mente, esplorando contemporaneamente varie idee, può generare connessioni uniche.

L’ADHD colpisce soprattutto i bambini, con circa 5 su 100 che presentano sintomi come scarsa concentrazione, difficoltà a controllare gli impulsi e iperattività, che possono influenzare le loro prestazioni scolastiche e le interazioni sociali. È più comune tra i ragazzi, mentre le ragazze tendono a manifestare maggiormente disattenzione e sintomi meno evidenti, che spesso portano a una diagnosi tardiva. Negli adulti i sintomi di solito migliorano, ma alcuni continuano a sperimentarli e potrebbero aver bisogno di un sostegno continuo.

Le cause, i sintomi e la diagnosi di ADHD

L’origine dell’ADHD non è del tutto nota, ma si pensa che sia dovuta a una combinazione di fattori genetici e ambientali. Ad esempio l’esposizione a sostanze come alcol o fumo durante la gravidanza oppure nascere prematuri o con basso peso alla nascita, sembrano aumentare il rischio. Al contrario, non ci sono prove che indicano che l’ADHD sia causato dal consumo eccessivo di zucchero o additivi alimentari, un’idea ancora diffusa ma non supportata scientificamente.

I sintomi sono suddivisi in tre principali categorie: disattenzione, impulsività e iperattività. I bambini con difficoltà di attenzione si distraggono facilmente, dimenticano istruzioni e faticano a completare i compiti. Quelli con tendenze impulsive possono parlare sopra gli altri, agire senza pensare e trovare difficile aspettare il proprio turno. L’iperattività si manifesta invece attraverso un costante movimento fisico e verbale.

Per diagnosticare l’ADHD è necessaria una valutazione completa da parte di specialisti come pediatri o psicologi, basata sulle osservazioni di genitori e insegnanti in più contesti della vita del bambino. Una volta ottenuta la diagnosi, i trattamenti disponibili includono strategie comportamentali, supporto scolastico e, in alcuni casi, farmaci.

Programmi di formazione per genitori possono fornire strumenti preziosi per gestire meglio le sfide quotidiane e supportare i bambini nel loro percorso di crescita, aiutandoli a valorizzare i loro punti di forza. Punti di forza che la cultura Māori riconosce ed enfatizza, ponendosi in netto contrasto con la nostra società che invece tende ad etichettare come “diversi” chi soffre di ADHD.

Un esempio che tutti noi dovremmo apprendere e fare nostro, proprio come quanto accade sempre nella cultura Māori con l’autismo che si dice “Takiwātanga” ovvero “il mio tempo e spazio” , andando così a celebrarne le differenze piuttosto che riconoscerne le difficoltà.
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Fonte: Kids Health

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