Il peso di quella sedia vuota alla premiazione del Nobel per la Pace a Narges Mohammadi

La cerimonia del Premio Nobel per la Pace di quest’anno a Oslo ha visto ancora una volta una sedia vuota. È quella di Narges Mohammadi, tuttora in carcere in Iran. Era già capitato nel 2010, quando il Nobel fu assegnato a un altro difensore dei diritti umani incarcerato, il cinese Liu Xiaba

È vuota la sedia, ma non il suo potente messaggio: Narges Mohammadi è in carcere, nell’Iran che non consente libertà di espressione, e il Premio Nobel per la Pace a lei conferito non può andare direttamente nelle sue mani. Tutto ciò mentre, nelle stesse ore, ai genitori di Masha Amini è stato impedito di partire dall’Iran.

Narges Mohammadi è assente, infatti, in quel salone del municipio di Oslo nella Giornata mondiale dei diritti umani, tra reali, funzionari governativi, ambasciatori provenienti da tutto il mondo. La sua sedia è vuota, a fare le sue veci sono la sua famiglia, che ora vive in esilio in Francia, e quella gigantografia che la ritrae sorridente. Niente hijab.

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premio nobel

©Nobel Prize

Il Comitato norvegese per il Nobel aveva assegnato il Premio per la Pace di quest’anno proprio a Mohammadi “per la sua lunga e coraggiosa battaglia contro l’oppressione delle donne in Iran e per la sua lotta per la libertà e la libertà per tutti”.

La leader della commissione Berit Reiss-Andersen ha sottolineato nel suo discorso di apertura come, concentrandosi sui diritti delle donne, Mohammadi stia evidenziando il diritto universale all’uguaglianza.

Ha combattuto le restrizioni imposte alle donne, come l’uso forzato dell’hijab,

E come i diritti delle donne iraniane siano inferiori a quelli degli uomini “in tutti gli aspetti della vita”.

Ciò ha avuto “un costo elevato”: alla stessa Mohammadi è “stata negata la carriera di fisico e ingegnere” ed è stata ripetutamente incarcerata per le sue obiezioni all’oppressione del governo. Così Reiss-Andersen, avvocato ed ex leader dell’organizzazione nazionale degli avvocati norvegesi, ha sottolineato come Mohammadi sia stata molestata e arrestata 13 volte, con la sua ultima pena detentiva fissata a 10 anni più 154 frustate.

A ritirare il Nobel sono stati il marito e i due figli e sono proprio la figlia 17enne Kiana Rahmani e il figlio Ali Rahmani a leggere il messaggio della madre, che ringrazia il comitato organizzatore per il “supporto potente e profondamente apprezzato” ed esalta la protesta dei giovani iraniani che “hanno trasformato le strade e gli spazi pubblici in un’arena per la diffusione di resistenza civile”.

Una resistenza continua e non violenta, la nostra strategia migliore, contro un regime religioso tirannico e misogino – prosegue la lettera.

La cerimonia si è conclusa con i due figli che insieme con il Re e la regina di Norvegia recitano in farsi in inglese il motto “donna, vita, libertà“, lo slogan delle proteste di chi è sceso nelle piazze iraniane.

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