“Grazie a questa maestra, mio figlio potrà crescere senza lasciare l’isola”, l’intervista al papà che ha visto rinascere la scuola delle Tremiti

La storia della maestra Michela Liuzzi, grazie alla quale ha riaperto la scuola dell'infanzia delle Isole Tremiti, racconta in realtà i malesseri che - a tutt'oggi - vive la scuola italiana

In questa storia ci sono due storture tutte italiane: da un lato una docente di 64 anni ancora precaria, dall’altro l’assenza di bambine e bambini che tengano in vita una scuola. Alle Isole Tremiti una cosa si è intrecciata con l’altra ed è venuto fuori un miracolo, malgrado la sua brutalità.

Già, perché è senz’altro brutale dover chiudere una scuola perché non ci sono iscritti: in questo c’è tutto il fallimento della nostra società, che sconta la pena di politiche di welfare pressoché assenti.

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Menomale, quindi, che ogni tanto si gridi al miracolo, tenendo da parte le ovvie e realistiche ragioni per cui accade, e si vede tutto più roseo.

Protagonista del miracolo delle Tremiti è stata la maestra Michela Liuzzi di Apricena, che – superata abbondantemente la soglia dei 60 anni senza nemmeno avere un contratto definitivo – ha fatto in modo che con il suo sì a un nuovo incarico (dopo che altre due sue colleghe lo avevano rifiutato), riaprisse la scuola dell’infanzia delle Isole Tremiti.

Chiusa dal 2003 per mancanza – appunto – di alunni, anche quest’anno rischiava di non aprire i battenti perché nessuno era disponibile ad affrontare il viaggio in traghetto che occorre fare per raggiungere l’arcipelago nel foggiano.

Ma Michea Liuzzi ha cambiato le carte in tavola, ha detto di sì, stabilendo finanche di restare sull’isola dal lunedì al venerdì. Così, quei piccoli meravigliosi piccoli alunni, 7 per la precisione, hanno fatto ingresso in quella scuola, che merita di rivivere, di riascoltare il vocio delle nuove generazioni e dare speranza a una intera comunità.

Accogliamo – ha commentato la prima cittadina Annalisa Lisci – con entusiasmo la nuova insegnante. La riapertura della scuola segna un nuovo capitolo pieno di energia positiva.

Quei sette bambini, finalmente, non saranno costretti a fare viaggi estenuanti e giornalieri per poter frequentare una scuola. Resta, però, l’amaro in bocca per quei due decenni passati così, calpestando anno dopo anno il diritto sacrosanto di frequentare una scuola da cui dipende e resta necessaria la riflessione sugli incarichi annuali di docenti e supplenti:

Se avessi rifiutato avrei perso la supplenza per un anno, invece accettando e poi tirandomi indietro l’avrei persa per due anni, e quindi sono stata costretta ad accettare – confessa la maestra -, al di là del fatto che adoro i bambini.

Un disagio, quello delle lunghe distanze e delle fatidiche GPS, un disagio di questo esercito di insegnanti precari, sballottolati anche in più scuole per coprire le ore. Un disagio quello che vive la scuola italiana, di strutture fatiscenti e di supplenze lunghe anni, in un precariato che può durare anche una vita intera.

La scuola alle Tremiti, una lotta durata anni

A raccontarcela è Fabio Attanasio, il papà di uno dei 7 bambini fortunati.

Fortunati certo, perché – grazie a una combinazione di fattori – hanno potuto avere quello che non ho avuto io: una scuola alle Tremiti.

Fabio si occupa di escursioni in barca e durante tutto l’anno svolge servizi di collegamento tra le due isole principali, San Nicola e San Domino, e la sua idea è ben precisa, frutto di una vita passata avanti e indietro: chi sceglie di venire a insegnare a Tremiti non può che stabilire di trasferirsi.

Un dato di fatto, purtroppo, anche perché alle Tremiti la prima nave arriva da Termoli alle 10.30 dopo un’ora di viaggio (circa 2,50 euro a tratta per i residenti, 11 euro per i non residenti). C’è anche un elicottero, mi spiega, che fa due corse al giorno, una la mattina e una al pomeriggio, e che viene usato anche come mezzo di soccorso.

Ma le congiunzioni, quest’anno, sono state favorevoli. Non solo Michela Liuzzi ha dovuto accettare l’incarico, altrimenti si sarebbe trovata fuori dalle graduatorie, ma anche le nuove nascite sono state un motore per il cambiamento.

Sono nati 7 bambini in pratica nello stesso anno, per questo insieme abbiamo potuto reclamare il diritto di rimanere alle Tremiti – mi racconta Fabio, mentre ammira il panorama fantastico dell’arcipelago e mi condivide foto. Abbiamo scelto di rimanere qui perché per la maggior parte è qui che lavoriamo.

tremiti

Tremiti @Fabio Attanasio

La cosa più bella? È che abbiamo evitato di fare quello che abbiamo dovuto passare io e la mia famiglia durante tutta la mia infanzia: noi ci trasferivamo con mamma sulla terraferma a Termoli e poi il sabato e la domenica tornavamo da papà. La maggior parte delle famiglie delle Tremiti, infatti, ha anche una casa altrove.

Un distacco familiare bello e buono, cui sono costrette migliaia di famiglie che vivono nei piccoli centri e che non hanno scuole “a portata di mano”, non di certo aiutate dalla selva oscura delle graduatorie dell’insegnamento all’italiana.

Dunque è grazie a loro che si è ristabilito in un certo il diritto all’istruzione alle Tremiti.

Beh, almeno siamo riusciti a farla aprire. La scorsa amministrazione aveva proposto una filosperimentale che doveva essere in estate, poi si sono presentati problemi burocratici che hanno messo il bastone tra le ruote. Poi si è avviato il percorso classico di assunzioni, la scuola doveva riaprire il 16 settembre, ma – sempre per colpa della burocrazia – siamo finiti a ottobre. Ma siamo contenti così.

Adesso abbiamo una sensazione molto positiva, siamo stati fortunati con questa maestra che sicuramente ha molta esperienza, poi i bambini sono solo 7 e già si conoscevano tutti. Tutto ciò ci consente una cosa preziosissima: tutte le famiglie potranno rimanere unite e l’idea di poter crescere mio figlio accompagnandolo la mattina all’asilo per me non ha prezzo.

Una sensazione che con mio padre non ho potuto avere.

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