Il lato poco conosciuto di Alberto Sordi, che odiava fortemente il consumismo

Il leggendario Alberto Sordi, scomparso 21 anni fa, non ha bisogno di presentazioni. Non tutti sanno, però, che oltre ad essere un attore poliedrico e irripetibile, è stato un grande nemico degli sprechi e del lusso sfrenato

Sono trascorsi 21 anni senza l’Albertone nazionale. Il 24 febbraio 2003 ci lasciava Alberto Sordi, artista straordinario che ha saputo incarnare il popolo italiano, mostrandone virtù e difetti. Impossibile dimenticare la sua risata e le scene esilaranti – ma spesso dal retrogusto amaro – che ci ha regalato in capolavori cinematografici come “Il marchese del Grillo”, “Un americano a Roma” e “I vitelloni”.

Nato da umili origini nel quartiere popolare di Trastevere, ha trovato nella recitazione la sua grande vocazione, divenuta per lui un’arma di riscatto. Su di lui hanno voluto scommettere registi divenuti poi di fama internazionale come Federico Fellini e Dino Risi, che hanno visto un un talento raro.

Una bella storia di riscatto

Ma la sua storia non fu priva di ostacoli. Anzi, quella di Alberto Sordi è stata una carriera nata da un fallimento. Per lanciarsi nel mondo dello spettacolo abbandonò gli studi a 16 anni, iscrivendosi all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, dalla quale però verrà espulso proprio per la forte inflessione romanesca. Quel rifiuto avrebbe potuto abbatterlo e spingerlo a rinunciare al suo sogno, ma non lo fece. Totornato a Roma, venne scelto come comparsa al film colossal “Scipione l’Africano” diretto da Carmine Gallone, che venne poi presentato alla Mostra di Venezia nel 1937. Il resto è storia: una lunghissima, costellata di successi e di circa 200 film e numerosi premi, fra cui 7 David di Donatello, 4 Nastri d’Argento e un Leone d’Oro.

Attraverso i suoi personaggi iconici, Alberto Sordi è riuscito a smascherare in modo perfetto la vigliaccheria, la pigrizia, l’indolenza e il qualunquismo, strappando diverse risate al suo affezionato pubblico ma spingendolo anche a riflettere.

L’avversione di Alberto Sordi nei confronti del consumismo

Oggi Alberto Sordi lo conosciamo tutti per i suoi successi cinematografici. Eppure, c’è un lato meno conosciuto di questo straordinario artista su cui oggi – in occasione del 20esimo anniversario della sua scomparsa – vogliamo fare luce.

Sordi era dotato di grande spontaneità, spirito critico e umanità. La commedia era la sua grande passione, ma c’è una cosa che proprio odiava: il consumismo che caratterizzava la società della sua epoca.

Tutto è diverso da quaranta, cinquanta anni fa: il modo di vivere, lo stesso comportamento si è modificato. – ha dichiarato l’attore romano durante un’intervista realizzata da Enzo Biagi nel 1996 – Oggi si vive seguendo i dettami di questo sfrenato consumismo che la televisione propone. Tutti quanti credono di dover vivere in quel modo lì. Questo non permette più di fare riflessioni e di commentare: “Mah!”, di fronte a ciò che accade.

E a proposito di consumismo, è molto in linea col suo pensiero il monologo finale del film “Finché c’è guerra c’è speranza”, diretto dallo stesso Sordi, che racconta le vicende di un mercante d’armi che si arricchisce a danni degli altri, spinto dalle continue richieste di denaro da parte della sua famiglia che desiderava vivere nel lusso.

Posso anche cambiare mestiere guadagnando 300.000 o 400.000 lire al mese, cifra con la quale una famiglia può vivere decorosamente se si pensa che un pezzo del mondo ha un reddito pro capite di 30 mila lire l’anno, ma non come voi, non come abbiamo vissuto noi fino ad ora cara moglie, cari ragazzi, e tu caro zio che viaggi solo sulla Jaguar e tu cara suocera che a 70 anni ti fai una dentiera smontabile di 3 milioni e mezzo di lire… – dice il protagonista Pietro, rivolgendosi alla sua famiglia – Perché vedete le guerre non le fanno solo i fabbricanti d’armi e i commessi viaggiatori che le vendono, anche le persone come voi le famiglie come la vostra, che voglio, voglio e non si accontentano mai: le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo gli anellini i braccialetti le pellicce e tutti i cazzi che ve se fregano, costano molto! E per procurarseli, qualcuno bisogna depredare, ecco perché si fanno le guerre!.

In quella scena è racchiuso un messaggio molto potente: un monito contro gli orrori della guerra e una critica alla voglia di accumulare beni, un invito all’essenzialità.

Chissà cosa direbbe oggi Alberto Sordi se vedesse fin dove si è spinta l’umanità con le guerre e il consumismo…

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