Come ogni anno, si ripete l'antico e faticoso rito della raccolta delle olive nelle campagne del nostro Paese. Un momento di festa, a contatto con la natura, che unisce tutte le generazioni e che continua a vivere grazie a un esercito di giovani, custodi di un'eredità millenaria
Enormi teli, scale, bastoni e… tanta buona volontà! Sono gli ingredienti base di una delle tradizioni più affascinanti e antiche del nostro Paese: la raccolta delle olive per preparare l’olio. Un vero e propro rito collettivo, che si tramanda da secoli e che le nuove generazioni non hanno abbandonato, anzi.
Proprio in queste settimane sono tantissimi i giovani che si sono riuniti con i loro amici o con le loro famiglie per rimboccarsi le maniche e raccogliere i preziosi frutti degli ulivi che hanno ricevuto in eredità dai loro nonni. Così facendo sono diventati custodi di un’usanza bellissima, nonché un momento di festa che unisce anziani, adulti e bambini. Ma stanno contribuendo – in alcuni casi – anche a salvare ulivi secolari.
Questo attesissimo rito – che avviene generalmente fra ottobre e novembre – è un lavoro faticoso ma fonte di grandi soddisfazioni: ognuno contribuisce come può per portare in tavola un olio extravergine d’oliva genuino. La raccolta può avvenire attraverso due tecniche: la bracatura, che consiste nel raccogliere le olive con le mani senza danneggiarle, e la bacchiatura, che prevede l’uso di pertiche per scuotere i rami dell’olivo per poi far cadere le olive sulle reti.
Come la produzione di salsa di pomodoro e la vendemmia, anche la raccolta delle olive per produre l’olio in casa, coinvolge ancora dai più piccoli ai più anziani e rappresenta una tradizione molto sentita in Regioni come la Puglia, la Calabria, la Sicilia e la Toscana. È un’usanza che insegna l’arte della pazienza e dell’attesa perché per preparare un prodotto di alta qualità c’è bisongo di tempo e occorre rispettare diverse fasi: lavaggio, ripulitura, la molitura delle olive e infine l’estrazione dell’olio.
Ma alla fine la fatica viene ripagata alla grande!
Le giovani generazioni custoditi un’eredità secolare
L’olio extravergine d’oliva è uno di quei prodotti d’eccellenza che ancora oggi gli italiani preferiscono autoprodurre o acquistare da amici o persone fidate graziel al passaparola. Sono tantissimi i giovani che si stanno prendendo cura degli uliveti e dei frantoi lasciati in eredità dai nonni, ma purtroppo il numero di ulivi che sono stati abbandonati – per via degli effetti della crisi climatica e dei rincari – è allarmante: sul nostro territorio sarebbero circa 30 milioni quelli da salvare, secondo le stime di Coldiretti e Unaprol – Consorzio Olivicolo Italiano.
Il 20% del patrimonio nazionale di 150 milioni di piante di ulivo in Italia risulta però in stato di abbandono – spiegano Coldiretti e Unaprol – a causa degli effetti della guerra in Ucraina e delle tensioni internazionali che rendono difficili gli investimenti in olivicoltura. Con l’esplosione dei costi aumentati anche del 200% per le aziende olivicole quasi 1 su 10 (9%) lavora in perdita ed è a rischio di chiusura, secondo dati Crea.
Per quanto riguarda la stagione olivicola di quest’anno, le prime stime parlano di un crollo della produzione nazionale di olive per l’olio pari al 30%, a causa di una siccità record per per l’Italia, che ha influito pesantemente sugli uliveti, danneggiandone prima la fioritura e poi le gemme.
Gli ulivi plurisecolari sono custodi non solo di storia ma anche, probabilmente, di elementi che potrebbero aiutarci ad affrontare nel migliore dei modi il cambiamento climatico che stiamo vivendo, per questo motivo è assolutamente necessario lavorare per recuperare e rendere produttive il maggior numero possibile di queste piante – afferma David Granieri, presidente di Unaprol – L’obiettivo non è solo arricchire il nostro bagaglio di conoscenze, ma anche ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di olio straniero e quindi, con adeguati investimenti, rilanciare la produzione di extravergine Made in Italy.
La speranza è che questo prezioso patrimonio naturale e storico possa essere davvero salvato dalle giovani generazioni per non rompere una tradizione millenaria e continuare a portare in tavolo un prodotto d’eccellenza e che profuma di genuinità.
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