Cittadini, comitati storici e attivisti hanno mobilitato l’opinione pubblica olandese e sono riusciti a fermare la possibilità di smontare lo storico ponte di Rotterdam solo per far passare l’imbarcazione ultra lusso voluta da Bezos. Il patron di Amazon dovrà trovare un’altra soluzione per far arrivare in mare il suo ultimo acquisto
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A febbraio 2022 sembrava fatta: il super-yacht di lusso di Jeff Bezos, costruito a Rotterdam, avrebbe presto visto il mare. Per farlo doveva lasciare il cantiere navale olandese e navigare lungo canale Koningshaven. Per facilitare l’operazione sarebbe stata smantellata la parte centrale del ponte in ferro e in disuso De Hef: costruito nel 1927, restaurato dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale e dichiarato bene nazionale dall’anno 2000. Sembrava che l’operazione avesse il vento in poppa, a seguito dell’autorizzazione dell’amministrazione cittadina e all’assicurazione che tutti costi sarebbero stati coperti per intero dalla società navale Oceanco. Ma qualcosa è andato storto, per Bezos.
Un gigante del mare
Parliamo di un’imbarcazione a vela, la Y721, davvero imponente: 127 metri di lunghezza per 40 metri e un costo che si aggira sui 430 milioni di dollari. Appena si era sparsa la voce in città della concessione al passaggio del gigante del mare la cittadinanza non ha decisamente gradito questo privilegio, simbolo dello strapotere economico di un solo uomo che ha fatto un’immensa fortuna con un servizio impeccabile ma sulle spalle di lavoratori sottopagati e sfruttati.
Le proteste inaspettate
Non si può passare sopra a ogni cosa solo perché si hanno tanti soldi. È di fondo questa la motivazione che ha chiamato a raccolta i cittadini di Rotterdam contro il magnate. Una petizione-evento nata quasi per scherzo su una pagina Facebook dal titolo “Lancio delle uova al superyacht Jeff Bezos” ha visto l’interesse di 13.000 persone solo nella prima settimana dal lancio. È poi partita anche una petizione su Change.org per sottolineare, tra l’altro, come l’azienda realizzatrice faccia capo a un magnate dell’Oman che ha fatto la sua fortuna nell’industria petrolifera oltre ai danni ambientali di tutta questa operazione. La Rotterdam Historical Society ha fatto presente come i funzionari cittadini avevano promesso di non smantellare mai più il ponte a seguito del completamento del massiccio restauro terminato nel 2017.
Due visioni diverse della vita
Una questione di principio, è questa la chiave di volta di questa protesta mediatica che ha visto vincere la frugalità, o meglio ancora la semplicità come stile di vita, sul consumismo. Ma anche sull’attitudine, molto diffusa, di ritenere che se si hanno ingenti ricchezze a disposizione tutto è permesso e acquistabile, dai beni materiali a quelli immateriali come se questo fosse il viatico per una sorta di concessione alla realizzazione dei diritti “su misura”. Ovvero: pago e faccio come mi pare. Un affronto a dispetto di chi non è “riuscito” a fare soldi, di chi rispetta le regole del buon vivere civile basate sull’inclusività e la condivisione anziché sul supermachismo monetario e sul mostrare in modo così ostentato le proprie ricchezze.
In un Paese dove si osserva scrupolosamente la vita dei regnanti, che sono molto attenti a ogni spesa, o le abitudini dei governanti, premiati se adottano soluzioni green e a basso impatto ambientale, dove l’arricchimento non è ovviamente demonizzato ma vissuto in modo più frugale rispetto agli Stati Uniti, non poteva che essere questo l’epilogo di questa storia. Almeno per il momento.
Il pericolo di possibili ritorsioni vandaliche ha poi costretto l’azienda a cambiare i piani. Lo yatch è ancora fermo nel cantiere navale e si sta studiando un modo alternativo, e sicuramente molto dispendioso, per portare la costruzione in mare aperto.
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Fonte: Change.org
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