Giorgio Gaber, elogio di un intellettuale

A quasi vent'anni dalla sua scomparsa, ricordiamo uno dei più grandi cantautori e geniali artisti del panorama musicale italiano

A quasi vent’anni dalla sua scomparsa, ricordiamo uno dei più grandi cantautori e geniali artisti del panorama musicale italiano

Se il clacson della Torpedo Blu sotto casa vi dice qualcosa, o se mai vi siete trovati a chiedervi se fare la doccia sia un’abitudine di destra o di sinistra, allora conoscete Giorgio Gaber – uno dei pilastri della musica italiana del secolo scorso, a cui il motore di ricerca Google dedica il doodle di oggi in occasione dell’83° anniversario della sua nascita.

Nato a Milano nel 1939, Giorgio Gaberščik (cognome triestino impronunciabile presto abbandonato in favore di un più orecchiabile Gaber) inizia a strimpellare la chitarra per riabilitare la sua mano sinistra, rimasta parzialmente paralizzata dopo la poliomielite che aveva contratto da bambino, e quella che doveva essere una costrizione riabilitativa è ciò che gli permette di tirar fuori il suo immenso talento musicale.

Il successo musicale come cantante e cantautore, nei primi anni ’60, è fulminante e gli apre la strada per una ricca e florida carriera nelle case discografiche e in TV: incide canzoni che diventano presto famose, pubblica album di successo, partecipa per ben quattro volte al Festival di Sanremo (nel 1961 con il brano Benzina e cerini; nel 1964 con Così felice; nel 1966 con Mai, mai, mai (Valentina); nel 1967 con …E allora dài!).

Ma questa fama, solida ma vincolata alle leggi della televisione, ben presto inizia a stargli stretta: non vuole essere un burattino nelle mani del mercato televisivo, delle etichette discografiche, costretto ad interpretare un personaggio che non gli appartiene, una “macchietta” a favore di telecamera. Vuole essere libero di dire ciò che pensa, di fare arte a modo suo, senza vincoli e senza condizioni: ecco allora che Giorgio Gaber si trasforma nel Signor G.

Lascia la televisione, lascia le canzonette orecchiabili, e inizia a calcare i palcoscenici teatrali, dando vita ad un nuovo tipo di spettacolo – innovativo e avanguardista: il teatro-canzone. Guadagna forse di meno, è costretto a subire i fischi degli spettatori insoddisfatti, ma sente di stare andando nella direzione giusta e di essere in sintonia con la propria coscienza artistica. Il teatro-canzone lo accompagnerà fino alla fine della sua vita, fino alla prematura scomparsa nel gennaio del 2003 (pochi giorni prima del suo 64° compleanno) a causa di un tumore ai polmoni – tranne poche sporadiche apparizioni televisive, fatte più per compiacere le richieste di amici artisti (si pensi a Mina o a Celentano) che non per un reale desiderio di tornare a quel mondo.

Ci ha lasciati orfani della sua musica, il Signor G., ma anche del suo modo sagace di vedere le cose e di leggere la realtà, della sua sottile ironia e della sua grande intelligenza. Approfittiamo quindi della giornata di oggi per andare a (ri)scoprire le sue canzoni, vere e proprie perle del panorama musicale italiano, e la sua immensa opera teatrale.

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Fonti: Google / Fondazione Giorgio Gaber

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